Stop alle “zone rosse” di Napoli. A decretarlo è stato il Tribunale amministrativo della Campania, che ha annullato l’ordinanza del prefetto di Napoli con la quale veniva prorogato fino a settembre il divieto di stazionamento in alcune aree sia della città che della provincia considerate più esposte a rischi legati alla tenuta della sicurezza e dell’ordine pubblico.
A fare ricorso e ad impugnare l’ordinanza firmata dal prefetto Michele di Bari era stato un gruppo di legali che aveva così promosso il ricorso contro la misura ispirata da una direttiva del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. La sentenza ha valore solo con riferimento al territorio urbano di Napoli. Le “zone rosse” sono state istituite non solo in alcuni quartieri della città di Napoli, ma anche in alcuni Comuni della provincia, sia nell’area stabiese che in quella nord, in Comuni grandi come quello di Giugliano.
Il verdetto
Il Tar ha giudicato l’esercizio del potere prefettizio privo dei necessari presupposti, illegittimo e lesivo dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale. “La sentenza - si legge nella nota - dichiara apertamente che non vi era alcuna emergenza eccezionale, né alcuna motivazione nuova, idonea a giustificare l’uso reiterato di poteri prefettizi straordinari. Un richiamo forte e definitivo alla legalità costituzionale, contro ogni tentativo di trasformare l'eccezione in prassi”. La Prefettura ha già fatto sapere che impugnerà la decisione dei giudici del Tar facendo ricorso al Consiglio di Stato.
Ma torniamo ai ricorrenti. “È una vittoria dello Stato di diritto - proseguono gli avvocati Andrea Chiappetta e Stella Arena, che si erano rivolti all’organo giudiziario amministrativo - Il Tar ha riconosciuto che le ordinanze del prefetto erano illegittime e violavano princìpi costituzionali. Dopo mesi di contenzioso, viene sancito un principio fondamentale: il potere straordinario non può diventare regola ordinaria. Il diritto non può piegarsi a logiche di emergenza permanente”.
Ancora, i legali sottolineano come la decisione “ristabilisca il primato della Costituzione sull’arbitrio amministrativo. Nessuna direttiva ministeriale può derogare, neanche di fatto, ai princìpi di uguaglianza, legalità, presunzione di innocenza e proporzionalità”. Tra i ricorrenti contro le decisioni prefettizie ci sono anche due consiglieri di municipalità. Chiara Capretti e Pino De Stasio, che a loro volta commentano la decisione del Tar Campania come una “vittoria della democrazia”. Capretti e De Stasio parlano senza mezzi termini di «una bocciatura senza appello per chi ha usato lo stato di emergenza come pretesto per aggirare il confronto democratico e marginalizzare le istituzioni locali. Il Tar restituisce parola al diritto e visibilità ai territori».
La genesi
Proviamo a ricapitolare l’intera vicenda. Tutto risale alla fine dello scorso anno, quando il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi inviò una direttiva a tutti i prefetti per sottolineare l’importanza di individuare, con apposite ordinanze, aree urbane dove vietare la presenza di soggetti pericolosi con precedenti penali e poterne quindi disporre l’allontanamento.
Veniva così esteso ad altre città uno strumento che - in via sperimentale - aveva secondo il Viminale “già dato positivi risultati nel corso della sua prima applicazione a Firenze e Bologna” dove complessivamente, dall’ottobre al dicembre 2024 erano stati 105 i soggetti destinatari di provvedimenti di allontanamento su 14mila persone controllate.
Il ricorso alle cosiddette “zone rosse” rientrava insomma - stando sempre alle intenzioni del governo - in una più ampia strategia volta a garantire la tutela della sicurezza urbana e la piena fruibilità degli spazi pubblici da parte dei cittadini. La “ratio” del provvedimento venne così illustrata sempre dal ministero dell’Interno: le ordinanze prefettizie avevano una particolare utilità “in contesti caratterizzati da fenomeni di criminalità diffusa e situazioni di degrado, come le stazioni ferroviarie e le aree limitrofe, oltre alle piazze dello spaccio dove sono già in atto le operazioni interforze ad alto impatto”. Uno strumento pertanto particolarmente utile per l’area metropolitana, scossa da continui allarmi in materia di devianza minorile, baby gang, spaccio e movida violenta.
E non a caso la circolare di Piantedosi specificava come si trattasse di uno strumento utile da applicare anche in altre aree urbane, come le zone della movida, caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone e attività commerciali e dove si registrano spesso episodi di microcriminalità (furti, rapine), violenza (risse, aggressioni), episodi di vandalismo, abuso di alcol e degrado. Va anche sottolineato che l’istituzione delle zone rosse coincise anche con il periodo delle festività natalizie e del Capodanno, rappresentando un ulteriore efficace strumento per rafforzare i controlli nelle aree di maggiore affluenza, anche in occasione dei numerosi spettacoli e manifestazioni previste.