Vaccini Covid a Napoli, la protesta dei magistrati: «Ora dosi in Tribunale, la giustizia è trascurata»

Vaccini Covid a Napoli, la protesta dei magistrati: «Ora dosi in Tribunale, la giustizia è trascurata»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 27 Aprile 2021, 11:00 - Ultimo agg. 28 Aprile, 09:42
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Non parlano solo per la propria categoria professionale - i magistrati - ma per tutti quelli che quotidianamente entrano nelle aule di giustizia napoletane. Non chiedono una corsia preferenziale, ma pongono un problema, quello della tenuta di un servizio essenziale come la giustizia in una città come Napoli. Eccolo l'affondo dell'Anm del distretto napoletano, il parlamentino dei magistrati guidato dal presidente Marcello De Chiara, che si rivolge alla Regione (massima autorità locale in materia sanitaria), a partire da una considerazione personale: «Dobbiamo amaramente constatare che ancora una volta le autorità preposte continuano a sottovalutare la gravità del rischio sanitario che incombe sugli operatori della giustizia del nostro distretto».

Dunque, facile intuire le conclusioni del documento firmato dai vertici dell'Anm: vaccini per gli utenti del comparto giustizia, tamponi e verifiche a stretto giro, come avvenuto a partire dallo scorso dicembre in altre regioni, dalla Calabria alla Lombardia.

Lunedì mattina, dunque, primo giorno di zona gialla a Napoli, proviamo a capire cosa accade nel Palazzo di giustizia napoletano: pochi addetti ai lavori, ingressi e udienze scaglionate, molti reparti vuoti, tanta paura dentro e fuori le aule di giustizia.

Paura di contatti, anche solo di toccare un foglio di carta o di condividere qualche istante al bar. Forte è la carica virale che circola nelle torri, doloroso il tributo pagato finora da magistrati, avvocati, personale amministrativo e forze di polizia che abitano la cittadella giudiziaria. 

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Spiega al Mattino il presidente dell'Anm: «C'è il rischio che le autorità possano sottovalutare la situazione degli uffici giudiziari, senza considerare la serietà del rischio cui siamo sottoposti». Non è una battaglia di casta, insiste, il giudice De Chiara a nome dell'Anm, che non parla solo per le toghe, non fa una battaglia di retroguardia: «Eppure - spiega De Chiara al Mattino - i vertici del distretto di corte di appello di Napoli hanno fatto presente che la giustizia è un servizio essenziale». Ma proviamo ad analizzare la storia del covid all'ombra delle torri del Centro direzionale: il primo caso di contagio acclarato a Napoli ha riguardato un avvocato civilista - il cosiddetto paziente zero -, che lo aveva probabimente importato da Milano. Poi, mesi di lockdown integrale, la riapertura il 4 maggio e le polemiche sulla impossibilità di condurre i processi (specie nel penale) da remoto. Ed è uno dei punti su cui batte oggi anche l'Anm: «In un Paese già fortemente vulnerabile dal punto visto economico e produttivo, i cittadini debbono sempre sapere che la tutela dei diritti non subirà interruzioni e che ogni crimine verrà perseguito con la massima sollecitudine possibile. Siamo convinti di questo, sebbene - è doveroso evidenziarlo ancora - l'attività giudiziaria presenti caratteristiche sue proprie che non consentono l'uso generalizzato delle tecnologie, viceversa ampiamente diffuso in altri settori pubblici, per evitare l'incontro ravvicinato di persone all'interno di luoghi chiusi, peraltro non progettati per fronteggiare tipologie di rischi fino ad oggi nemmeno lontanamente paventati. L'assunzione delle prove o la discussione nel processo penale - continua - sono attività ancora oggi non concepibili in forme che escludano la fisica, concomitante, comparizione delle parti, essendosi ormai sperimentato che la partecipazione a distanza, realizzata con le risorse tecnologiche attualmente disponibili, non può considerarsi pienamente compatibile con il diritto di difesa». Dunque, niente privilegi, né corsie preferenziali «e se dovesse emergere che qualcuno di noi ha scavalcato la fila ed ottenuto di vaccinarsi prima del suo turno, non esiteremo a dire che il suo comportamento non è conciliabile con i valori esprimenti l'essenza più profonda della nostra identità». 

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