Vaccino Covid, i dubbi del medico napoletano: «Non mi fido, meglio aspettare un po'»

Vaccino Covid, i dubbi del medico napoletano: «Non mi fido, meglio aspettare un po'»
di Ettore Mautone
Lunedì 21 Dicembre 2020, 13:00 - Ultimo agg. 18:36
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«Non ho mai creduto nella vaccinazione antinfluenzale e sono passato indenne a 35 anni di pneumologia in cui vedevo arrivare ricoverati anziani più numerosi tra i vaccinati che non vaccinati, evidentemente per la larga circolazione di virus parainfluenzali e altri coronavirus. Questo nuovo tipo di vaccino a Rna contro SarsCov2 mi lascia perplesso, e il fatto che potrebbero essere utilizzati in alternativa gli anticorpi monoclonali, mi rende ancora più indeciso». Carmine Cavaliere, 68 anni, pneumologo, per 35 anni dirigente medico presso il dipartimento di Pneumologia del Cardarelli, in pensione dal 2012, spiega perché ha riserve sul vaccino anticovid a Rna.

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Si vaccinerà contro il Covid?
«Non è importante se io mi vaccinerò o meno, l'importante è che non sia obbligatorio, perché altrimenti sicuramente non lo farei e non sono un no vax».

Cosa non la convince?
«Si inietta un pezzo del genoma del virus in forma di messaggero che induce le nostre cellule a sintetizzare proteine identiche alle Spikes, quelle che possiede in superficie il virus e gli permette di entrare nelle cellule.

Il nostro sistema immunitario riconosce le Spikes come agenti estranei e produce anticorpi. Se arrivano i veri virus vengono attaccati dai nostri anticorpi. Perché non iniettare direttamente gli spikes? Quali sono le cellule che producono in vitro gli Rna: umane o animali? Gli Rna iniettati che fine fanno? Cosa contiene il vaccino oltre all'Rna? Dato l'alto numero di asintomatici i 40 mila volontari hanno fatto prima un sierologico? Su 40 mila si sono infettate circa 200 persone ma a 20 mila persone è stato dato un placebo, e poiché nella media mondiale si infettano 1 su 25, gli infettati dovevano essere circa 800. Quindi i conti non tornano. Il mio è un atteggiamento di studio e di attesa».

Chi sono allora i no vax?
«Quelli che non si farebbero iniettare un vaccino neanche con un fucile puntato per vari motivi, ma soprattutto per sfiducia in chi li produce o sponsorizza. All'opposto ci sono quelli sempre col braccio pronto. Infine ci sono quelli come me che credono nei vaccini, ma si pongono dubbi soprattutto sulla liceità della obbligatorietà. Da liberi di scegliere conto sulla capacità di capirne validità, pericolosità e necessità. Vaccino per vaccino. Nei primi due casi ci troviamo di fronte a scelte basate entrambe sulla paura».

Intanto il virus corre.
«Sono stato sempre cauto nell'assumere farmaci d'ogni genere. Mi pongo sempre dei dubbi. Ai tempi del colera ero giovane e mi feci iniettare il vaccino a piazza Plebiscito. Gli americani della Nato misero una postazione e facevano la vaccinazione con una pistola ad aria compressa. A distanza di un anno seppi che per alcuni casi fecero finta, dopo che erano finite le poche dosi che avevano. In un altro caso, in un viale del Cardarelli, urtai con la testa contro un cartellone indicativo messo ad altezza d'uomo. I colleghi mi dissero che era opportuno andare in pronto soccorso a farmi l'antitetanica. Avevo lavorato in Rianimazione: al pensiero dei pazienti tetanici che avevo visto morire tra sofferenze atroci mi convinsi. Dopo sei mesi tolsero dal commercio quel siero perché era facilmente infettato dal virus dell'Aids. Fortunatamente non mi infettai. Sono stato deluso e ora sono prudente».

E allora che si fa?
«Sono in arrivo e già disponibili gli anticorpi monocolonali che ritengo utili e collaudati, unica vera terapia del Coronavirus. I vaccini rientrano nel campo della prevenzione».

Verso gli anticorpi non ha diffidenza?
«Oggi con gli attuali sistemi di allestimento no»

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