Via Marina, le mani dei clan sui lavori. «Pax mafiosa per imporre il racket»

Via Marina, le mani dei clan sui lavori. «Pax mafiosa per imporre il racket»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 23 Aprile 2018, 09:07 - Ultimo agg. 09:58
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Pare che di fronte a quell’affare si siano fermate pure le armi, dando spazio a una sana forma di diplomazia criminale. Hanno fatto questo ragionamento: evitare scontri diretti, evitare agguati, limitare al minimo sindacale raid e morti ammazzati, insomma mettere nel frigo odi antichi e far parlare il linguaggio del business. 

In ballo c’è una sola torta con tante fette da spartire ai clan che incidono sulla zona, meglio evitare conflitti a scena aperta, ridurre i contrasti di fronte a quel fiume di denaro pubblico che negli ultimi due anni è arrivato a rivitalizzare un pezzo di economia cittadina. 

Eccola la pista battuta in questi anni sui lavori di riqualificazione del manto stradale della principale via di accesso alla città: parliamo del tratto di strada che va da via Ponte dei Granili a via Colombo - parliamo della strada conosciuta come via Marina -, su cui da tempo si sarebbero concentrati gli interessi della camorra napoletana.

Una pista su cui sono al lavoro i pm della Dda di Napoli, che stanno passando al setaccio forniture e concessioni di interventi effettuati in questi anni sulla strada simbolo della speranza di riscatto cittadino. 
 
Anni di lavoro, cantieri che funzionano ad intermittenza, interventi non ancora definitivi, sono due le inchieste che puntano a fare chiarezza sul grande appalto di via Marina: da un lato, c’è l’indagine condotta dal pool mani pulite della Procura di Napoli (indagine dei pm Frongillo, Sico, sotto il coordinamento dell’aggiunto D’Avino), che batte l’accusa di turbativa d’asta e corruzione e che vede coinvolti imprenditori e funzionari pubblici (tutti ovviamente estranei alle accuse di contatti con la camorra); poi c’è un secondo filone d’indagine, che vede in campo il pool anticamorra (indagine dei pm Fratello e Woodcock), che punta i riflettori su alcuni clan della zona del centro cittadino e dell’area orientale, cosche che storicamente incidono proprio sul tratto di strada su cui è in corso il restyling del Comune di Napoli. 

Ed è in questo secondo filone che sta venendo fuori l’idea di una sorta di pax mafiosa tra cosche diverse, su cui si sono concentrate le indagini della Dda di Napoli. 

Obiettivo dichiarato: le forniture del materiale per ricoprire l’antica arteria che conduceva ai piedi del Vesuvio, creare la pista ciclabile, rifare il look all’arredo urbano, piazzare quelle palme a malapena sostenute da impalcature di legno, piante di sapore coloniale che da tempo abbelliscono una strada consegnata solo a metà a turisti e napoletani. 

Un’ipotesi su cui si concentrano verifiche da parte degli inquirenti, alla luce di accertamenti tecnici e testimonianze messe agli atti. 

Vale la pena ricordare che questo filone di indagine nasce da un’altra inchiesta condotta appena un anno fa, sempre grazie al lavoro dello stesso pool di magistrati anticamorra, che hanno firmato perquisizioni in relazione a presunti appalti truccati all’interno del porto di Napoli. 

Ricordate cosa accadde a giugno dello scorso anno sulle banchine dello scalo partenopeo? Ci furono perquisizioni e sequestri, che provocarono alcune crepe in un sistema che sembra consolidato: un pentito legato ai clan dell’area orientale, ma anche un paio di insospettabili che raccontarono come avveniva la spartizione degli appalti, usando sempre lo stesso sistema. 

Un sistema che potrebbe essere stato usato anche in altri contesti: la trattativa privata, senza gare pubbliche, dopo aver creato un meccanismo di somma urgenza, con il metodico rallentamento dei lavori.

Scenari tutti da mettere a fuoco. Fatto sta che a distanza di qualche anno dal via alla riqualificazione dell’area della Marina, c’è un intero spaccato di lavori e attività imprenditoriali che è finito al centro dell’attenzione investigativa della Procura di Napoli. Ma rimaniamo alle presunte pressioni della camorra su via Marina. Ci sarebbe stato un accordo tra esponenti di clan differenti, che ha ridotto al minimo il rischio di denunce. A farsi avanti, un solo gruppo, che ha poi suddiviso le quote in favore di altre famiglie criminali rimaste sullo sfondo. Una torta, tante fette: come avvenuto spesso in presenza di lavori che attraversavano zone cittadine diverse (passando sotto l’egida di cartelli rivali) o in presenza di un appalto di una certa consistenza. Uno schema consolidato, che ha il volto di chi avrebbe imposto il pizzo sulle forniture dei materiali per rifare il look ad un pezzo di città: soldi per tutti, forniture pilotate, controllo dei subappalti per garantire la sicurezza dentro e fuori i cantieri. Mentre le palme di via Marina restano ingabbiate da tempo in architravi di legno.

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