Afghanistan, Morcone: «In Campania pronti ad accogliere profughi; sì all'integrazione, no ai ghetti»

Afghanistan, Morcone: «In Campania pronti ad accogliere profughi; sì all'integrazione, no ai ghetti»
di Mariagiovanna Capone
Domenica 22 Agosto 2021, 08:08
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È una lotta contro il tempo. Mentre il ministero della Difesa sta organizzando il ponte aereo da Kabul per Fiumicino con scalo a Kuwait City con almeno quattro voli giornalieri per mettere in salvo i collaboratori afghani che in questi anni hanno lavorato con le forze militari, ong e ambasciata italiana, l'evacuazione sta diventando sempre più complessa per la ressa che si sta creando ai vari varchi. Diventa quindi sempre più difficile capire quando e quanti profughi potranno raggiungere la Campania, che è pronta già da giorni per ricevere massimo 42 afghani nel Residence del Covid Center dell'Ospedale del Mare di Ponticelli per la quarantena obbligatoria. Più articolata e complessa invece sarà la fase 2, cioè quando trascorsi i dieci giorni di quarantena, gli afghani saranno affidati al ministero dell'Interno che li inserirà come rifugiati nel sistema di accoglienza destinato ai richiedenti asilo per motivi umanitari e politici, e assegnati a strutture in grado di accoglierli. Il tutto in sinergia con Palazzo Santa Lucia, con l'assessore regionale alla Legalità, Sicurezza e Immigrazione, Mario Morcone, in prima linea nel garantire «l'accoglienza che la Campania ha tradizionalmente sempre avuto verso chi fugge da guerre e disperazione».

Assessore Morcone, quando arriveranno i profughi afghani destinati alla Campania?
«Non lo sappiamo ancora perché non dipende da noi ma dal ministero della Difesa che coordina l'imbarco di queste famiglie, in base anche al loro coinvolgimento con le forze armate. È ovvio che chi ha collaborato in maniera più stretta con le nostre autorità di stanza in Afghanistan è considerato più a rischio, e quindi gli va assicurata una destinazione in Italia più facilmente controllabile».

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Sono quindi considerati dei bersagli?
«Esatto, e questa valutazione la fanno prima i funzionari della Difesa, che coordinano gli imbarchi, e poi quelli dell'Interno, con le prefetture che attiveranno sui territori i controlli di routine per stabilire dove andranno sistemati, quante strutture saranno in grado di ospitare famiglie, quante invece dei singoli.

Il tavolo delle prefetture è previsto lunedì (domani, ndr) quindi solo dopo avremo contezza di quanti e dove andranno queste persone».

Nella fase 1, invece, siete maggiormente coinvolti?
«Lo siamo tutti e sempre. Come Regione abbiamo dato disponibilità del Covid center di Ponticelli dove queste persone potranno ricevere il primo necessario aiuto che riguarda la loro salute. Eseguiremo screening accurati sullo stato fisico generale, perché potrebbero esserci persone con problemi al di là del Covid. Poi dopo questi dieci giorni a Ponticelli la gestione passerà nelle mani delle prefetture in accordo con l'Anci, che ha contezza delle strutture adatte alle esigenze dei rifugiati».

Potrebbero quindi andare ovunque in Campania?
«La loro collocazione sarà stabilita proprio considerando quanti profughi sono esposti e oggetto di ritorsioni dei talebani. È la stessa procedura seguita dopo la guerra in Iraq. Distingueranno quindi tra chi è esposto personalmente perché interprete o lavorava coi militari, e chi non ha mai collaborato con nessun occidentale. Per i casi più complessi, occorrono case altamente sicure. Poi ci sono i molti centri della rete Sai (Sistema Accoglienza Integrazione) in Regione, gestiti dai Comuni con il servizio affidato ad associazioni del terzo settore. I prefetti saranno in grado di trovare strutture in grado di accoglierli a seconda del profilo ed esigenze di ciascuno».

La Regione come sarà coinvolta nella fase 2?
«In tutti i percorsi di integrazione necessari. Avranno l'assistenza sanitaria, poi l'istruzione e la scuola per i bambini, e il lavoro per gli adulti che così, a seconda delle loro capacità, potranno sostenersi e ricominciare in Italia. I bisogni immediati sono questi e noi saremo al loro fianco».

Saranno allocati nello stesso comune o provincia?
«No, creare isole etniche è pericoloso e rallenta i processi di integrazione. Quindi ci sarà una famiglia nella provincia di Benevento, altre di Avellino, altre ancora a Caserta. L'integrazione è possibile, a noi tocca la capacità di offrire loro percorsi adeguati e al rifugiato la responsabilità di impegnarsi».

Quanti rifugiati accoglierà la Campania?
«Non esistono numeri già decisi, consideri che in Italia al massimo ne arriveranno tra i 2000 e 2.500. È tutto ancora da verificare perché dobbiamo vedere se riusciranno a partire, quando arrivano e chi arriverà, cioè quelli più esposti oppure no. La Campania ha sempre offerto accoglienza a chi fugge da guerre e disperazione. Anche in questo caso faremo bene la nostra parte, prima di tutto con la nostra umanità. Evitiamo almeno in questo caso di sventolare bandiere da campagna elettorale: che nessuno si faccia protagonista di questa tragedia pur di sventolare il proprio vessillo. Non si fa campagna elettorale sulla pelle della gente che soffre».
 

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