M5S, Cafiero De Raho: «Io a favore dei termovalorizzatori? Se eletto approfondirò la materia»

M5S, Cafiero De Raho: «Io a favore dei termovalorizzatori? Se eletto approfondirò la materia»
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 18 Agosto 2022, 08:58 - Ultimo agg. 19 Agosto, 09:20
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«Ho deciso di candidarmi perché credo che in politica sia fondamentale il contributo della società civile, e ho accettato l'offerta del Movimento 5 Stelle perché condivido i suoi princìpi ispiratori, che sono la lotta per l'affermazione dell'eguaglianza sociale e contro ogni forma di illegalità». L'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho rompe il silenzio e - all'indomani dei risultati delle Parlamentarie - spiega che cosa lo ha indotto a scendere in politica.

Com'è maturata questa decisione?
«Mi è stata proposta la candidatura come esponente della società civile, e per spirito di servizio ho creduto che fosse un'opportunità.

Giuseppe Conte mi ha telefonato qualche giorno fa e ho accettato, soprattutto perché il M5S ha sempre fatto del contrasto alle mafie, alla corruzione e a ogni forma di illegalità la propria bandiera. Così ho pensato di proseguire il mio percorso professionale di magistrato nella sede naturale in cui si formano le leggi: il Parlamento».

Lei diventa così il terzo ex procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo a scendere nell'agone politico nazionale, come è già accaduto a Piero Grasso e a Franco Roberti. Qualcuno storce il naso e fa notare che troppi ex pm spesso cercano i riflettori per poi lanciarsi nella ribalta politica.
«Un'obiezione priva di ogni fondamento. La politica va intesa mettendosi al suo servizio, e chi ha sviluppato competenze e specificità ha quasi il dovere di offrire alla nazione le sue capacità, che sia pm, medico o insegnante. Ho sempre detto anche di essere contrario alle porte girevoli per i magistrati, e per me resta fondamentale che il magistrato possa decidere di far politica solo al termine del suo mandato».

Quanto ha pesato il manifesto politico del M5S nella sua scelta?
«Nel DNA del Movimento c'è da sempre l'esigenza di sostenere le fasce deboli, la ricerca di soluzioni ai problemi delle vecchie e nuove povertà, la devianza giovanile, che sono poi spesso l'humus sul quale lavora la criminalità organizzata: dalle aree disagiate nasce il reclutamento delle mafie. E poi c'è la questione lavoro. Tutti princìpi che puntano a ridare dignità alle persone, non solo ai disoccupati o ai sotto-occupati, guardando anche alle decine di migliaia di famiglie che oggi stentano ad arrivare a fine mese».

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Ma intanto il reddito di cittadinanza è stato oggetto di tantissime inchieste penali, e tanti soldi sono finiti nelle mani sbagliate.
«Vero, ma le indagini non fanno venir meno la necessità di offrire un supporto a tantissima gente. Serve tanta progettualità e bisogna far sì che il reddito di cittadinanza si trasformi in lavoro, che determini la moltiplicazione dei posti occupazionali: per questo si deve lavorare anche sulle imprese, sulle aggiudicazioni dei grandi appalti affinché non determinino solo il profitto per le aziende, ma creino anche nuovi posti di lavoro».

Ieri mattina Chicco Testa ha ricordato che lei, nella relazione al Parlamento sulle ecomafie del 2019, sosteneva come l'assalto della criminalità organizzata nasce anche dalla assenza di un'idonea impiantistica, primi tra tutti i termovalorizzatori. Intanto il M5S ha fatto cadere il governo Draghi per una questione di principio contro il termovalorizzatore di Roma.
«Intanto il governo Draghi non è caduto per volontà dei Cinque Stelle. Sul punto bisogna essere chiari: il Movimento valorizza l'economia circolare in materia di rifiuti, che vanno scomposti e riutilizzati secondo la rispettiva destinazione. Il rifiuto in questo modo diventa una risorsa. Sono insufficienti gli inceneritori? Questa è materia da approfondire, e lo farò se e quando verrò eletto».

E sempre ieri, Silvio Berlusconi ha detto che assoluzioni in primo e secondo grado debbono diventare inappellabili. Lei è d'accordo?
«No. I gradi di giudizio sono e restano la migliore garanzia processuale. Giusto è però criticare una giustizia che impiega sei-sette anni mediamente per arrivare a una sentenza definitiva. Bisogna lavorare seriamente per velocizzare i processi, che devono durare, al massimo, due anni».

A proposito di giustizia. Se un giorno lei diventasse il ministro Guardasigilli, da dove comincerebbe con le riforme?
«Comincerei, appunto, dal processo penale. Credo che si debba fare qualcosa di più per accelerarlo effettivamente, ma anche per affermare e garantire la certezza della pena. Non mi permetto di criticare nessuno, e nemmeno il lavoro svolto fino a oggi, ma il processo va reso più agile, anche a costo di aumentare il numero dei magistrati da 9000 a 12mila. Poi c'è la questione carceraria. Assurdo dover continuare a ragionare su una logistica che vede in una cella anche 12 occupanti reclusi. Così il carcere diventa solo il luogo dove si affinano le logiche criminali e non quel luogo di reinserimento sociale, e anche occupazionale. Rendiamoci conto però che non esistono le riforme a costo zero, e che bisogna realizzare subito nuovi istituti penitenziari».
 

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