Pomicino apre al partito di De Mita: «Nel Sud serve una proposta politica»

Pomicino apre al partito di De Mita: «Nel Sud serve una proposta politica»
di Generoso Picone
Venerdì 26 Luglio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 10:46
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«Ciriaco ha ragione», dice Paolo Cirino Pomicino e l'affermazione suona come una sorta di segnale di conferma che il mondo di ieri oggi si è decisamente rovesciato, disegnando inedite convergenze e possibili alleanze che ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica sarebbero apparse azzardate. L'esponente di quella che fu la corrente andreottiana, accoglie con interesse, che sfocia nell'entusiasmo, il nuovo progetto lanciato dall'ex leader della Sinistra di base democristiana, L'Italia è popolare. Vecchi leoni belligeranti della Dc almeno di un trentennio fa, insieme nel governo presieduto da De Mita dal 13 aprile 1988 al 22 luglio 1989 . «De Mita ha ragione, la sua analisi è giusta e opportuna, sono pronto a dargli una mano, sottolinea.

Che cosa lo porta a questo giudizio, l'idea di avviare una specie di Rifondazione democristiana?
«No, non si tratta di nostalgia dei tempi che furono. È che la sua iniziativa mi pare definire un punto di inizio nuovo per attrezzare una proposta politica adeguata ad affrontare soprattutto i problemi in cui versa il Mezzogiorno. Ecco, se proprio devo trovare dei contatti con la storia non possono non recuperare il valore dell'idea di don Luigi Sturzo, del suo appello ai Liberi e forti del 18 gennaio 1919 che fu alla base del Partito popolare».
 
Un secolo fa.
«Lei dice? Sturzo intese parlare dal Sud a un'Italia che usciva dalla Prima guerra mondiale a cui proponeva una speranza. Lo fece dal Meridione, la regione dove le urgenze sociali si manifestavano con particolare crudezza: ma era l'intero Paese a soffrirne. Lui volle parlare a tutti, ponendo la necessità di misurarsi con un'autentica questione nazionale. Oggi è diverso? Non mi pare. E in ciò vedo un elemento di forza che suggerirei a Ciriaco di sottolineare».

Lei immagina che L'Italia è popolare di De Mita diventerà, nonostante le diverse intenzioni dell'ex premier, comunque un partito?
«Si vedrà, ma in fondo non è questo il tema. Mi convince invece molto l'ipotesi di lavoro disegnata da De Mita: non tanto un bis della Sinistra di base come corrente, quanto lo schema d'azione che portò a introdursi in alcune aree: verificare le risposte che nei territori ci saranno e procedere a macchia di leopardo».

Procedere in che modo? Ciriaco De Mita propone di ripartire dalla consapevolezza del pensiero, dalla riflessione tesa alla rivitalizzazione di una cultura politica: è d'accordo?
«Bene insistere sul pensiero e sottolineare l'esaltazione della collegialità nelle scelte con una funzione qualificata delle forze politiche, non più ridotte a effimeri partiti personali senza centro né periferia. Ma io individuerei contemporaneamente degli elementi concreti per un progetto».

Quali?
«Ne ho segnati quattro, per il momento. Il primo, in ordine di importanza: l'uso produttivo del capitale. Come si dice a Napoli, questa è la chiave dell'acqua. La finanziarizzazione dell'economia ha accentuato gli squilibri e acuito le disuguaglianze sociali, soprattutto destabilizzando il ceto medio profondamente colpito da questi effetti. Occorre, quindi, recuperare il ruolo produttivo dell'economia evitando che la finanza risucchi risorse da destinare all'occupazione e allo sviluppo».

Gli altri tre?
«L'ambiente. Dico cibo, acqua, aria. Non possiamo consegnare alle nuove generazioni, ai giovani, emergenze simili che nemmeno possono essere affrontate dai singoli Paesi. Il terzo punto riguarda la pubblica amministrazione: in 20 anni abbiamo visto quattro tentativi di riforma, con Bassanini, Brunetta, Nicolais e Madia, e nessuna riforma vera. È tempo di farla. Il quarto: la formazione del capitale umano, che significa mettere in sintonia le energie del lavoro con i progressi tecnologici e la modernità».

Ne parlerà con De Mita?
«Lo chiamerò, magari per fargli gli auguri a San Ciriaco, l'8 agosto. Io ho 10 anni meno di lui, tocca a me».
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