Napoli, i valzer di de Magistris: già cambiati 50 manager delle Partecipate

Napoli, i valzer di de Magistris: già cambiati 50 manager delle Partecipate
di Paolo Barbuto
Mercoledì 20 Novembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 10:35
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Nei suoi ricordi del 2011 Riccardo Realfonzo parla con entusiasmo della questione Partecipate: era assessore al Bilancio della prima giunta de Magistris, restò su quella poltrona per un anno prima di essere fatto fuori perché sosteneva che l'unica salvezza per Napoli era dichiarare il fallimento, il default. Realfonzo prese ogni azienda del Comune e la rivoltò per scoprirne segreti ed eventuali scheletri nell'armadio. Immediatamente partì la rivoluzione dei vertici di quelle aziende. Una rivoluzione ancora in corso perché, nel frattempo, ha cambiato obiettivi.

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«Ogni Partecipata dovrebbe essere affidata a persone esperte: si tratta di aziende, vanno gestite in maniera manageriale da chi conosce il settore. A Napoli da un po' di tempo quelle poltrone vengono assegnate seguendo altri canoni, quelli del rispetto degli equilibri politici», Maurizio Montalto è stato al vertice dell'Abc, la partecipata dell'acqua, per due anni prima di essere licenziato. Veniva dal basso dal mondo dei movimenti per l'acqua, era la persona adatta nel ruolo adatto, transitò Napoli sul fronte dell'Acqua come reale Bene Comune. Non volle piegarsi all'idea di trasformare l'azienda in ammortizzatore sociale, richiesta che avrebbe devastato i conti dell'Abc: il sindaco lo convocò e gli consegnò la lettera di licenziamento, «se me l'avesse chiesto sarei andato via da solo - dice Montalto - io pensavo di poter dare il mio contributo (peraltro senza compensi n.d.r.) alla città ma la mia presenza, in quel momento, era d'intralcio».



Nel grafico qui sopra leggete tanti nomi che si sono succeduti ai vertici delle partecipate, non tutti perché sarebbero stati troppi, però la rappresentazione serve a capire come e quanto s'è cambiato in questi anni.

Undici poltrone in Napoli Servizi, dodici in Abc, 7 in Napoli Holding, 6 in Anm, 4 in Asìa compresa l'ultima nomina di ieri: in mezzo ai nomi che leggete in questa pagina troverete quelli di ex staffisti come Nicola Pascale che era il deus ex machina dell'assessorato ai trasporti prima di fare l'amministratore di Anm o come Francesco Iacotucci, appena defenestrato da Asìa, proveniente dallo staff dell'ex vicesindaco Tommaso Sodano. Trovate pure Salvatore Palma, ex assessore al bilancio messo da parte nel 2017 dalla Giunta e ricomparso nel 2019 come amministratore di Napoli Servizi.

Scoprirete, in differenti posizioni nelle Partecipate, anche il nome di Alessandro Nardi che sta andando via, con sdegno, da Mostra D'Oltremare dopo aver attraversato tutta la rivoluzione arancione fin dal primo giorno del 2011, vice di Attilio Auricchio nell'ufficio di gabinetto e poi uomo capace di attraversare l'intera epopea Dema dopo aver percorso altre strade politiche prima di lui.

Certi nomi non riescono a spiegare bene quel che accade, perché non sono noti; alcuni vertici di Partecipate provenivano e provengono da mondi con i quali l'attuale amministrazione ha prima stretto alleanze e poi le ha sciolte per trovarne di nuove. Adesso, intendiamoci, non c'è nulla di male nell'assegnare una poltrona di una partecipata a una donna o a un uomo con professionalità e capacità manageriali, sicché non c'è nulla da eccepire sul piano formale rispetto alle nomine che si sono susseguite.

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C'è, invece, chi sottolinea gli errori sul piano umano che si nascondono dietro la girandola di cambiamenti: «Nell'ultimo periodo mi arrivava una telefonata ogni giorno da parte del sindaco o dai suoi uomini ma quando te ne vai? Quando lasci la poltrona?, era un accerchiamento», Marinella De Nigris ricorda con dolore l'esperienza alla guida di Terme di Agnano.

La De Nigris venne inviata, nel 2011 a raccogliere una Partecipata alla canna del gas, accettò con spirito di servizio perché «ero stata nel gruppo che aveva sostenuto la prima candidatura di Luigi de Magistris, un uomo che prometteva cambiamento radicale, allontanamento dai vecchi schemi della politica, voglia di rinnovamento. Ero certa che le cose sarebbero cambiate realmente».
Invece le cose non cambiarono.

Per risollevare le Terme bisognava usare il pugno duro, ridimensionare il personale, cedere alcune proprietà, favorire l'ingresso dei privati: «Il sindaco mi disse che non aveva nessuna intenzione di cedere, che i privati dovevano essere messi nell'angolo perché le Terme erano un bene comune, disse pure che non avrebbe consentito un solo licenziamento. Oggi il personale è stato spalmato su altre Partecipate e c'è stato anche qualche licenziamento, l'azienda è in mano a un commissario perché è in crisi profonda». Ma quel che le fece più male furono quelle telefonate: «Quando te ne vai? La tua poltrona ci serve... Mi sono sentita tradita, offesa, maltrattata».

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