Da Napoli a Riace, il Sud resta marginale

di Adolfo Scotto di Luzio
Sabato 20 Ottobre 2018, 08:00
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L'invito che il sindaco di Napoli ha rivolto al suo collega di Riace, ancorché declinato cortesemente dal suo destinatario, è molto serio e merita di essere considerato con la dovuta attenzione. Nel riconoscimento di Domenico Lucano come proprio simile da parte di Luigi de Magistris affiora infatti, al di là del contenzioso politico immediato, della mossa propagandistica, un problema che ci riguarda da vicino: il modo con il quale la città tematizza la propria sconfitta.

Lucano non è solo l'emblema di una resistenza civile al nuovo discorso securitario italiano. Con il suo sorriso timido e triste, parla di un Sud immalinconito, che ha visto svuotarsi progressivamente, in questi anni, i propri centri minori. Un Sud povero e ripiegato su se stesso, che nel dolore degli altri, nella sofferenza dei migranti, riconosce il proprio smarrimento. Ha ragione de Magistris quando, a proposito della Calabria di Lucano, dice il problema non è l'immigrazione africana ma lo svuotamento demografico di quelle terre. Il problema sta tutto qui. La giovinezza è altrove, gioca la sua partita su ben altri campi, come sempre in cerca di spazio, di un tempo più veloce, di attrito e di conflitto. Al contrario, il Sud malinconico di Riace è popolato di vecchi e chiede agli immigrati vita, colore, speranza.

L'invito rivolto da de Magistris, allora, è qualcosa di più di un espediente; interpreta lo stato d'animo di una città che sente intimamente di appartenere alla dimensione crepuscolare del nuovo Mezzogiorno d'Italia; una Napoli volta all' indietro, affaticata, piegata sotto il peso delle sue infinite difficoltà quotidiane.

Rassegnata al disordine e ad una anarchica inefficienza, la città viene condotta dal suo sindaco a specchiarsi nella vicenda di un piccolo comune calabrese che propone una idea di solidarietà come messa in comune della propria miseria.

Sta qui uno dei più grandi equivoci del Sud di questi anni, che non sembra trovare altra risposta politica alla propria marginalizzazione se non l'esaltazione della forza creativa del povero. Eccolo il modello Riace, l'illusione che la povertà non sia una mancanza bensì una possibilità. È una immagine politica, letteralmente, di tipo catastrofico, nel senso che si figura un mondo di macerie a partire dal quale potersi concedere l'illusione di ricominciare daccapo. Di dare principio ad una nuova epoca con il poco a disposizione. Nella povertà di Riace e del suo sindaco scalzo, de Magistris può ritrovare così una conferma alla deriva imposta alla città in questi ultimi anni. In una simile prospettiva il fallimento amministrativo smette di essere tale e diventa la realizzazione di un ideale: l'utopia del nuovo inizio.

Non è infatti la ragione umanitaria, il diritto di natura contrapposto al diritto positivo dello Stato a sedurre nell'esempio di Domenico Lucano l'ex pubblico ministero napoletano. E d'altra parte non potrebbe essere altrimenti, in un individuo che fino a pochi anni fa rappresentava il volto persecutorio della legge. È la frugalità, lo squallore degli interni domestici sullo sfondo dei quali Lucano è stato ripreso nei giorni della sua passione politica. Il sindaco di Riace è il volto perfetto della Napoli povera di esperienza che de Magistris sta ridisegnando.

Tuttavia sta anche qui la radice del suo fallimento. I napoletani si muovono infatti in direzione opposta a quella del loro sindaco. Il loro voto è stato un pronunciamento non per ciò che è comune ma per ciò che è pubblico. Per quanto confusa e parassitaria la si voglia considerare, infatti, la preferenza di massa per il Movimento Cinque Stelle ha significato una dichiarazione a favore di un vasto intervento redistributivo da parte del governo: il voto di marzo significa protezione e dipendenza e non autogoverno della comunità dei poveri. Ma quello che più conta in questo quadro è l'emigrazione meridionale, soprattutto giovanile. Nella sua consistente dimensione, lo spostamento verso il Nord di studenti e laureati del Sud è un movimento in direzione del moderno che equivale ad una radicale smentita della frugalità dei beni comuni.

Si può allora avere simpatia per il sindaco di Riace, ma bisogna anche considerare che lungi dall'essere un modello quell'esperienza è stato principalmente un equivoco.
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