Universiadi, tempi stretti:
ancora aperti 56 cantieri

Universiadi, tempi stretti: ancora aperti 56 cantieri
di luigi roano
Mercoledì 6 Marzo 2019, 08:35 - Ultimo agg. 08:40
4 Minuti di Lettura

«Abbiamo 56 cantieri attivi» annuncia il commissario regionale per le Universiadi Gianluca Basile. La domanda è: ma siamo sicuri che sia un dato positivo che a poco più di 100 giorni dall'inizio della kermesse non ci sia un solo cantiere chiuso, un solo piccolissimo impianto - magari in provincia - già pronto? Un solo collaudo effettuato? Senza contare le tante gare ancora da assegnare e tra queste quella per l'acquisto delle attrezzature. È singolare che ci siano dubbi anche sugli strumenti con i quali gli atleti devono esibirsi. In un simile contesto - con il taglio del nastro fissato per il 3 luglio - riesce molto difficile immaginare che tutti gli impianti saranno per quella data almeno in condizioni di accogliere le gare. Questo viene fuori dalla supercabina di regia sulle Universiadi tenutasi per l'occasione in Regione, e la sensazione che si stiano iniziando a mettere le mani avanti è forte. A oggi l'unica certezza è la data di inizio delle Universiadi e nulla più, per il resto si naviga a vista e si spera nella buona sorte in un clima da «volemose bene» che appare eccessivo data la situazione.
 
A fare chiarezza, e gli va riconosciuto, è Fulvio Bonavitacola, vicepresidente della Regione guidata dal governatore Vincenzo De Luca, che ha presieduto il tavolo, che usa parole rotonde - magari nella speranza di non fare troppo rumore - e spiega come stanno le cose in maniera abbastanza lineare. «Non ci sono cancellazioni di impianti, soltanto un'articolazione della fase esecutiva, per alcuni interventi che inizieranno in vista dell'Universiade ma non saranno completati in tutto per l'evento, saranno utilizzabili in parte. Attualmente - dice ancora Bonavitacola - abbiamo interventi in circa 60 impianti su tutto il territorio regionale. I lavori sono a buon punto». Insomma quali sono gli impianti che non saranno «in tutto» pronti? Quali discipline sportive verranno penalizzate? Dunque i ritardi ci sono e anche clamorosi, e qualcuno immaginava già che il tempo non sarebbe stato sufficiente per fare tutto. Tanto che per Basile il mandato commissariale non scade al termine dei giochi, ma il 31 dicembre, un supplemento di 5 mesi utili al completamento dei lavori e ad evitare di incappare nelle maglie della Corte dei Conti. Perché i tanti soldi che si stanno spendendo non bisogna mai dimenticare che sono soldi pubblici. Chiarito tutto ciò, va riconosciuta alla Regione e a De Luca la lungimiranza e la determinazione nel volere i giochi in Campania e a Napoli, di avere messo sul tavolo la bellezza di 256 milioni e soprattutto la faccia. I ritardi sono da ascrivere allo stucchevole balletto tra Comune e Regione su dove collocare il villaggio degli atleti. E al riguardo va ricordato che Raimondo Pasquino - predecessore di Basile - aveva immaginato di utilizzare le navi ben prima dell'attuale commissario, altro tempo sprecato. E poi i tentennamenti del Coni, che avrebbe voluto giocare un ruolo ancor più da protagonista nella gestione degli eventi e delle risorse, e lo stesso Governo che come Ponzio Pilato si è lavato le mani e si è sfilato.

Nella cabina di regia è stato fatto il punto della situazione - che è almeno difficile - e poi sono venuti fuori un diluvio di ringraziamenti. Basile ringrazia «l'Anac, un pilastro che ha dato le autorizzazioni in tempi record», a oggi più di 200, e mostra ottimismo: «Abbiamo delle fondazioni solide ora - spiega Basile - perché senza gli alloggi, gli impianti sportivi e i trasporti, le Universiadi non si sarebbero potute fare. Adesso tutto questo è lanciato e stiamo vedendo l'entusiasmo degli enti locali e dei giovani della Campania». Attilio Auricchio, il direttore generale del Comune, è già oltre le Universiadi: «Abbiamo raggiunto in maniera piena l'obiettivo dell'eredità che le Universiadi lasceranno alla città di Napoli. Gli impianti sportivi tutti riqualificati, questa è la prima grande sfida vinta». Speriamo non sia l'unica.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA