Tante le storie narrate, da un ex detenuto che fa la spola tra i centri di prima accoglienza nelle Marche e non ha soldi per i biglietti dei treni, fino all'operaio che fisicamente ha spento l'altoforno 4 di Piombino.
Un percorso scandito da una campagna elettorale che, ricorda Molinari «dal 1994 si trasforma puntalmente in un «ok corral», diventando 'la peggiore della storià. Il voto sembra diventato una grande resa dei conti tra aree geografiche del paese, tra classi sociali, tra categorie economiche e, naturalmente, tra capibanda». Ne viene fuori un racconto realissimo di un'Italia che «pare - conclude il giornalista - irriformabile, immutabile, sembra vivere in un compiaciuto guardare se stessa. Perché culturalmente è rimasta agli anni della Guerra Fredda, quando l'appartenenza a un blocco e l'adesione alle ideologie assicurava dividendi per tutti senza badare a efficienza e risultati. Nonostante ciò resta la seconda potenza industriale del vecchio Continente, è l'unico Paese che è passato dal deficit al surplus commerciale, è stata capace di affrontare in splendida solitudine il flusso delle imponenti migrazioni dall'Africa».