Biden, Putin e le tante linee rosse da rispettare

di Mauro Canali
Martedì 15 Giugno 2021, 23:30 - Ultimo agg. 16 Giugno, 06:00
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I preliminari dell’incontro di oggi a Ginevra tra Biden e Putin sono iniziati già una settimana fa, quando il tribunale di Mosca ha definito “rete estremista”, il movimento politico di Navalny, l’oppositore più pericoloso dell’autocrate russo. Si tratta della fase finale dell’assalto condotto da Putin a ciò che resta del gracile pluralismo politico russo, ma anche di un messaggio inviato a Biden, con cui lo si avverte che a Ginevra non si deve parlare di questioni interne alla Russia. La risposta non si è fatta attendere e, proprio in queste ore, da Bruxelles, Biden ha avvertito che la morte di Navalny rappresenterebbe una vera “tragedia” e la prova che la Russia non intende rispettare i “diritti umani fondamentali”.

L’incontro di Ginevra tra i due si presenta quindi assai caldo sin dalle sue prime battute. Del resto, non è trascorso molto tempo da quando Biden, nel corso di una intervista alla Abc, aveva qualificato Putin un assassino, e aveva accompagnato l’epiteto con la promessa che il presidente russo avrebbe pagato un prezzo per le interferenze di cui si era reso protagonista durante le ultime elezioni presidenziali. Non si è perciò lontani dal vero quando si afferma che le relazioni russo-americane non erano mai giunte a un livello così basso. Lo ha riconosciuto anche Putin nel corso di una intervista concessa a Keir Simmons della Nbc. Biden va all’incontro di Ginevra con il sostegno e la piena solidarietà dei paesi europei alleati che considerano l’incontro “una decisione appropriata”, ma aspramente criticato in patria dalla opposizione repubblicana, che valuta prematuro l’incontro. 

Anche in considerazione di ciò Biden si è affrettato a precisare che i colloqui sono utili ma ci sono alcune “linee rosse” che Putin non deve oltrepassare. Una di queste è rappresentata dai paesi baltici, per questo Biden, nell’ambito dei colloqui di Bruxelles con i leader degli altri ventinove paesi della Nato, ha voluto attribuire una particolare importanza all’incontro con i rappresentanti di Estonia, Lettonia e Lituania, che da tempo denunciano l’aggressività russa nei loro confronti. Cercando di recuperare in seno all’Alleanza Atlantica quel ruolo centrale che un tempo competeva in modo indiscusso agli Usa, Biden ha tra l’altro ricordato, citando il caso dell’Estonia, fatta oggetto di recenti azioni intimidatorie da parte di Mosca, il valore assolutamente vincolante che ha per gli Stati Uniti l’articolo cinque dell’Alleanza Atlantica. 

I temi che dovranno affrontare a Ginevra i due politici sono molti e vanno dalla stabilità strategica, - con l’opposizione russa all’ingresso dell’Ucraina nella Nato e con l’attuale crisi bielorussa - ai conflitti regionali, dai temi ambientali e dello sviluppo ecologico alla cooperazione in campo economico.

Tutte questioni su cui i due leader si presentano su posizioni del tutto divergenti. Forse gli unici temi su cui potrebbero trovare nell’immediato un accordo sono l’Afganistan e il nucleare iraniano, ma per il resto muso duro a tutto campo, con un incontro che sicuramente metterà a dura prova i due statisti, anche se entrambi navigati politici che in fondo si rispettano. Nella intervista alla Nbc, Putin ha non a caso dichiarato di riporre una certa fiducia in Biden, politico esperto e pragmatico, “ha trascorso praticamente tutta la vita in politica - ha dichiarato il leader russo - basti pensare agli anni che ha trascorso in Senato”. Mentre Biden, facendo anche una parziale marcia indietro rispetto ai giudizi di tre mesi fa, ha riconosciuto che Putin è “brillante”, “duro”, insomma un “degno avversario”. Ma prevedere risultati immediati è pura fantasia, perché i due partiranno da posizioni molto distanti e perché i temi, che metteranno a dura prova i nervi dei due pur esperti e navigati politici nel corso del loro faccia a faccia, sono molti e molto complessi, come quello, ad esempio, sui cybercrimini, centrale nell’agenda dell’incontro. 

Sono anni ormai che gli Usa accusano gli hackers russi di violazioni della sicurezza americana, con incursioni in siti e banche date di interesse strategico. Come è stato, ad esempio, l’attacco informatico del dicembre scorso alle agenzie federali statunitensi, avvenuto infiltrando i software della società americana Solarwinds, e quello più recente al maxi-oleodotto della Colonial Pipeline, bloccato da hackers di base in Russia, ai quali la compagnia petrolifera, per poter ripristinare i suoi servizi, ha dovuto versare una tangente di cinque milioni di dollari. Anche se, in quest’ultimo caso, Biden non ha direttamente accusato Putin, ha tuttavia dichiarato che vuole parlarne con lui, quasi a lasciar intendere che gli hackers, anche quando non sono direttamente eterodiretti dal governo russo, sono certamente da esso tutelati e coperti.

Ma quello che Putin va cercando da Washington e dal mondo occidentale è soprattutto il riconoscimento per la Russia dello stato di superpotenza. Per l’autocrate di Mosca poter vedere riconosciuto il proprio ruolo di grande potenza dai suoi avversari geopolitici sarebbe una grande vittoria, la conferma di una ritrovata grandezza, della continuità con la Russia imperiale che tormenta i suoi sogni e che lo induce a inaugurare – lui, ex funzionario del Kgb sovietico – il monumento allo zar Alessandro III, non esitando a riconoscergli il ruolo di colui che più si batté per gli “interessi e il rafforzamento della potenza russa in Europa e nel mondo”.

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