Tra i leader politici in circolazione, Carlo Calenda (Meloni a parte) è quello che desta maggiore curiosità. È in conflitto fisiologico con Renzi, ma ci ha fatto insieme un partito con buone prospettive. È all’opposizione, ma parla benissimo del presidente del consiglio, va a trovarlo e si trova in sintonia su parecchi temi importanti, a cominciare dalla riforma dell’abuso d’ufficio e del reddito di cittadinanza. Insomma, che vuole? Prendere - dice - il 20% dei voti alle elezioni europee tra un anno e mezzo.
Traguardo ambizioso e per ora poco realistico. Calenda piace alle élite, ma per fare il botto occorre la folla. Il leader di Azione punta allo smottamento di Forza Italia a destra e del Pd a sinistra. Gli interessati lo sanno e hanno reagito male alla sua visita a palazzo Chigi. In Forza Italia tra la corrente governativa e minoritaria ( Tajani) e quella antigovernativa (Ronzulli / Mulè) è guerra aperta. Le elezioni regionali di Lazio e Lombardia in febbraio saranno una prima verifica, insieme con l’onda lunga dei risentimenti provocati dalle elezioni politiche e dalla formazione del governo che non si è ancora fermata.
È troppo presto, insomma, per guardare lontano. Conte ha iniziato ieri sera a Scampia la sua campagna contro il governo per “arginare la disperazione” entro un un alveo democratico. Ma è troppo radicale perché anche il nuovo Pd possa collaborarci. Bonaccini non dirà subito da che parte sta. E Calenda dovrà rassegnarsi a stare ancora un po’ in riva al fiume. Tra gli infiniti problemi di Giorgia Meloni non c’è quello di una opposizione pericolosa.