La vera sfida è uscire dal nero

di Raffaele Cantone
Domenica 29 Marzo 2020, 00:00 - Ultimo agg. 08:00
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Da qualche giorno, grazie soprattutto a Il Mattino, si è finalmente aperto il dibattito su un altro aspetto di cui bisognerà farsi carico quando l’emergenza Covid sarà alle spalle. Fra i tanti temi è oggi sul tappeto anche quello dei rischi sociali e «criminali» che potranno derivare, qualora non si tenga conto di alcune «peculiarità» che caratterizzano il mercato del lavoro meridionale.

Si tratta dell’esistenza di un enorme nero, di una economia parallela di cui tutti sanno, che alcuni (non solo meridionali) sfruttano e molti altri tollerano, facendo ipocritamente finta di non vedere. 

Sull’argomento è intervenuto con coraggio il ministro del Sud Provenzano, che il meridione lo conosce davvero per il suo pregresso ruolo di ricercatore Svimez e che, forse in modo eccessivamente sintetico, ha affermato che bisognerà preoccuparsi anche dei tanti lavoratori in nero. 

Su quanto da lui detto si sono riversate una quantità di critiche, alcune in parte fondate altre purtroppo che hanno il sapore del preconcetto e che dimostrano come gli stereotipi antimeridionali restino fortissimi anche in questo momento in cui la tragedia del virus ha unito gli italiani, senza distinzione di luogo di residenza. 

Ovviamente nessuno si potrebbe nemmeno sognare di riconoscere ammortizzatori sociali ai lavoratori in nero, al pari di quelli regolari; sarebbe ingiusto, irrazionale e persino controproducente su molti aspetti, a cominciare da quello etico e dell’esempio; non si possono assolutamente trattare allo stesso modo situazioni di legalità e di sostanziale illegalità. 

C’è, invece, da prendere atto di una realtà esistente che mette a rischio le regole di convivenza sociale e che paradossalmente rappresenta un pericolo, per le possibili strumentalizzazioni criminali, soprattutto per le persone “perbene”. 

Va cioè fatta una operazione, che se vogliamo essere pragmatici, deve essere di minimizzazione del rischio di quella che ormai in tanti definiscono “bomba sociale” ed intervenire dove le carenze ed i limiti strutturali di un istituto giusto e necessario, ma pensato male ed attuato peggio, non è arrivato; mi riferisco al reddito di cittadinanza.

Bisogna pensare ad uno strumento analogo, di carattere eventualmente eccezionale e forse temporaneo che consenta anche di aiutare ad uscire dal nero e non a favorirlo come, per eterogenesi dei fini, è capitato in qualche caso al reddito di cittadinanza. È indispensabile in conclusione che una parte dei nostri concittadini sia sottratta alle sirene criminali ma anche a quelle altre sirene, non meno pericolose, di chi purtroppo (certamente) soffierà sul fuoco del malcontento popolare che si sta già creando. 

Ieri il governo, dopo l’allarme dei servizi segreti ed alcuni episodi di tentato assalto dei supermercati, ha annunciato un intervento immediato, fornendo ai cittadini, per il tramite dei comuni, buoni spesa che consentano di approvvigionarsi di quanto necessario, a dimostrazione di quanto il problema sia già attuale. 

Una scelta giustificata visto quanto hanno riferito in questi giorni i parroci, i responsabili delle caritas e delle associazioni di volontariato; c’è un aumento esponenziale di persone che bussano a queste porte per chiedere aiuti per il sostentamento quotidiano, per mettere cioè il piatto a tavola. 

Per fortuna si era già messo in moto il mondo del volontariato, mobilitatosi un po’ dovunque, chiedendo ai cittadini di partecipare a collette o a raccolte di prodotti di prima necessità, per far fronte a questa domanda. 

Era impossibile, però, pensare che per questa situazione potesse bastare il buon cuore o l’impegno di chiese, associazioni o singoli, soprattutto se l’emergenza si prolungherà.

È presto, però, per capire se l’intervento del governo è sufficiente per arginare quantomeno il problema nell’immediato o se sia necessario pensare a soluzioni più strutturate per il prossimo futuro. 

Pur consapevoli che in questo momento le emergenze principali sono altre e che bisogna bloccare contagio e morti era ed è indispensabile intervenire subito per evitare che possa accadere ciò di cui aveva parlato oltre duemila anni fa il famoso storico Tito Livio, riferendosi alle guerre puniche e cioè che “dum Romae consulitur, Sanguntum expugnatur” (“mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata”). 
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