Green pass in mensa a Napoli, i dubbi dei lavoratori: «Non siamo pronti»

Green pass in mensa a Napoli, i dubbi dei lavoratori: «Non siamo pronti»
di Gennaro Di Biase
Giovedì 19 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo agg. 20 Agosto, 09:10
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Sono ore di code, controlli, scanner, escamotage e contingentamenti nelle aziende napoletane che in questi giorni sono impegnate nella corsa all’adeguamento all’obbligo di green pass nelle mense, dopo l’introduzione del nuovo regolamento. Sindacati e vertici aziendali si dichiarano favorevoli al certificato verde per i dipendenti a tavola, ma allo stesso tempo, con l’avvicinarsi della ripresa a pieno regime del lavoro tra circa 10 giorni, sollevano dubbi e criticità sull’applicazione del provvedimento. Discorso diverso va fatto per gli ospedali, con molte mense off-limits. E per le caserme, che - spiegano dalla Uiltucs - stanno optando per «asporto e tende». 

Qualcuno pranza all’esterno. Qualcun altro rinuncia al pasto. Azienda che vai, strategia che trovi. L’aria di disagi si respira già, ma i momenti di tensione per ora sono scongiurati nelle imprese partenopee, ma solo perché «ci troviamo nella settimana di Ferragosto, e le attività sono ridotte dell’80%», raccontano i lavoratori. Eppure, l’obbligo di certificato verde per sedere a tavola - introdotto appena cinque giorni fa - ha messo in subbuglio caserme e industrie. La questione è spinosa, e tante aziende stanno provando in queste ore a far fronte all’ostacolo. Le difficoltà sui controlli ai green pass, i contatti tra lavoratori prima e dopo i pasti, le eventuali discriminazioni tra dipendenti, il fatto che le mense aziendali siano quasi sempre affidate a ditte esterne: sono questi i nodi principali da sciogliere. Negli ospedali sbarrate le mense di Monaldi e Cardarelli (si accede invece nei bar, con le regole di un pubblico esercizio). In qualche caserma - riferiscono i sindacati - sono state montate tende e servizio di asporto. Gli adeguamenti fervono anche nel locale convenzionato Eav di Porta Nolana: qui i controlli sono già rigorosi. I dipendenti sono pochi ovunque in questi giorni di piena estate. Ma all’orizzonte c’è un polverone di disagi. Delle circa «150 mense aziendali di Napoli e Provincia - (allestite in ogni impresa che abbia più di 100 dipendenti) - al momento ne sono aperte 2 su 10 - prosegue Sgambati - Non abbiamo mai avuto un’avversione alla campagna vaccinale, anzi. Ci sembra però sbagliato sostituire il green pass ai protocolli sviluppati nei mesi scorsi. Non si possono equiparare le mense ai pubblici esercizi: i lavoratori sono a stretto contatto prima di sedere a tavola. A questo punto serve l’obbligo legale di vaccino, così da avere regole sempre valide». «Al momento - continua Sgambati - molti lavorano ad attività ridotte, e tra le poche attive c’è la mensa di Fincantieri a Castellammare: se la situazione non si risolve e chiarisce entro settembre non mancheranno caos e tensioni.

Uno dei temi più caotici è quello delle verifiche: non possiamo far controllare l’azienda dall’azienda stessa, né si può affidare un servizio tanto delicato alle imprese di catering». Giuseppe Silvestro, segretario generale Uiltucs Campania della categoria ristorazione, fa notare che presto «si porrà lo stesso problema per le mense scolastiche. Il pass è uno strumento utile per tenere a bada la pandemia, ma in autunno si rischia di andare incontro a diverse difficoltà». 

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«Abbiamo un bar convenzionato, a Porta Nolana, dotato di sala interna - spiega il presidente di Eav, Umberto De Gregorio - Stiamo applicando scrupolosamente l’obbligo green pass: riteniamo il certificato verde una misura giustissima, che dovrebbe essere estesa a tutti gli addetti del trasporto pubblico locale e a chi ha rapporti con l’esterno. Abbiamo fatto una grande campagna pro-vax, ma anche da noi è rimasto un 10% del personale restio al vaccino. Cercheremo di ricontattarli per spingerli alla vaccinazione». Il nodo green pass riguarda anche gli ospedali, almeno quelli che hanno la mensa attiva: al momento non molti. Maurizio Di Mauro, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, spiega infatti che «la mensa del Monaldi è chiusa, in quanto il nuovo appalto è in via di definizione: c’è un bar, come al Cto, in cui si contingentano gli ingressi. Al Cotugno, vista la vocazione infettivologica, non esiste il bar». Scenario analogo al Cardarelli: «La nostra mensa è chiusa da tempo - spiegano dall’azienda ospedaliera - non c’è una data per riaprirla. L’azienda valuterà nei prossimi mesi il da farsi».
 

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