Una cabina di regia europea

di Mauro Calise
Lunedì 5 Ottobre 2020, 00:00
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Se c’è un pericolo per Conte, non viene dalle imboscate di Renzi o dalla implosione dei Cinquestelle. Ma dalla tenuta del filo doppio che lo lega all’Europa. Non è un filo politico, ma tecnico. Riguarda, cioè, la capacità del governo di produrre, in un tempo ragionevole, linee progettuali di intervento che diano un segnale chiaro di svolta. Su contenuti e metodo. Intendiamoci, tenere a bada il nervosismo di Iv mentre si avvicina il varo di una legge elettorale che potrebbe sancirne la fine non è semplice.

E la possibilità che i Cinquestelle sperimentino il trauma di una scissione potrebbe far ballare – e di brutto – la maggioranza. Ma fin tanto che si resta sul terreno della politica politicante, il premier può contare sul fatto che non ci sono alternative possibili. Se lui cade, si andrebbe al voto. E nessuno dei parlamentari che sorreggono il suo esecutivo – compresi molti dell’opposizione – è pronto ad autoghigliottinarsi, ancor più dopo il taglio delle poltrone varato con il referendum. 

L’Europa no. Non ragiona in questo modo. Nella fase più acuta del coronavirus la Merkel è riuscita nel miracolo di dare corda – moltissima corda – al Premier, perché l’Italia era «too big to fail», troppo grande per andare a picco. Non si è trattato, però, di un regalo, ma di una cambiale a tempo. E il tempo sta scorrendo in fretta. La Francia ha già presentato il suo piano. Certo un’impresa più semplice, con un sistema presidenziale e una tecnocrazia supercollaudata, e fidata. Mentre in Italia il rischio è la palude dello scontro tra lobby e correnti, dietro le quinte amministrative. Mentre le insidie dei leader di partito sono – quasi – alla luce del sole, per Conte è estremamente più difficile districarsi tra le centinaia di progetti – se proprio si vuol chiamarli tali – spuntati dalle retrovie burocratiche il mese scorso grazie a qualche manina-velina. E che hanno messo a nudo lo stato confusionale – per usare un eufemismo – delle proposte in campo.

Eppure l’inizio, con la commissione Colao, era stato buono, anzi ottimo. Tempi rapidi, un pool di esperti qualificati e bipartisan, un numero ristretto di linee di intervento abbastanza coordinate tra loro e sufficientemente articolate. Poi – presumibilmente – si è aperto il valzer dei ministeri, della serie noi che ci stiamo a fare? E si è aperto il vaso di Pandora. Ieri, su queste colonne, Romano Prodi – uno che di gestione tecnocratica se ne intende come pure di faide correntizie – ha messo in guardia contro questa deriva, invitando il Premier a prendere il processo nelle sue mani. In parte sta già avvenendo. La regia del coordinamento affidata, attualmente, a un politico giovane ma di lungo corso come il Ministro Amendola è il modo con cui Palazzo Chigi sta cercando di tenere a distanza le trappole senza perdere di vista i risultati. Ma c’è bisogno di un’accelerazione. E soprattutto, che vengano fuori alcune idee guida che servano a dare il senso – e il messaggio – di una vera fase nuova per il paese. 
Richiamando su Repubblica uno degli asset chiave del programma di Biden, Maurizio Molinari ha indicato la sfida dei green jobs come il motore di un nuovo patto tra leadership e lavoro. Il tema non è certo nuovo. Ma nuova è l’enfasi con cui viene proposto, e l’articolazione trasversale nell’era Covid e post-Covid. I centri di molte città si stanno progressivamente svuotando, per la crescita dello smartworking e per il rifiuto di condizioni di vita inquinanti e ad alto tasso di congestionamento. Lo stesso sta accadendo, con una rapidità inaspettata, per molti campus universitari, costretti a chiudere e a rilanciare il proprio ruolo con la digital education. Prima si prende atto che la politica del mattone e il suo indotto sono entrati in una crisi irreversibile, prima diventeremo capaci di interpretare e incentivare i nuovi trend della generazione Greta. Che poi sono l’elettorato nella cui testa sono le sorti delle prossime coalizioni. 

Non si tratta di puntare soltanto su questo tavolo. Nel palinsesto del New Deal per l’Italia c’è spazio per un pacchetto di mischia, un nucleo coeso e ben visibile, con cui affrontare l’esame dell’Europa. Ma non c’è spazio per tutti. Solo se riuscirà a dare chiaramente questo messaggio, ai partiti e al Paese, Conte riuscirà a traghettare l’Italia verso il futuro.
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