L'abuso dei farmaci ai tempi del covid

di Maurizio Bifulco e Paolo Grieco
Martedì 23 Febbraio 2021, 23:36 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 06:30
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L’abuso di farmaci ai tempi del Covid-19 è oramai un dato di fatto e tutte le analisi dei dati riportati in questi giorni da più fonti lo confermano. Durante la pandemia si è registrato un consumo anomalo di alcune categorie di farmaci, in particolare un boom di ansiolitici e antibiotici. Con la pandemia la vita e lo stato d’animo degli italiani hanno subito un profondo sconvolgimento e una vera rivoluzione, sovvertendo la regolarità e la stabilità delle nostre vite.

Le condizioni di paura e di disagio hanno richiesto un enorme sforzo di adattamento e di riorganizzazione delle abitudini quotidiane, così come di riprogettazione del proprio futuro. Se da un lato si è dovuto combattere un nemico, soprattutto all’inizio, senza disporre di farmaci adeguati, dall’altro si è dovuto rinunciare a molte cose, tra cui l’affettività fatta di abbracci e di contatti consolanti e protettivi.

Il sovvertimento delle nostre vite, per l’obbligo di stare in casa e all’isolamento sociale, ha avuto un forte impatto sulla salute mentale delle persone, tanto da riconoscere quest’ultima tra le priorità assolute dell’Oms in questa delicata fase della pandemia. 

Gli effetti più evidenti si sono manifestati nelle alterazioni del ritmo del sonno, in un maggiore uso di alcol, tabacco o altre droghe e nella difficoltà di concentrazione nelle nuove condizioni sociali e lavorative.

Nell’affrontare l’emergenza, una gran parte delle persone sono state resilienti, molte altre, invece, sono cadute in una condizione psicopatologica con evidente nascita di disturbi depressivi e d’ansia, o precipitate in malattie psichiatriche preesistenti esacerbandole.

Di conseguenza, per contrastare queste condizioni nelle sue fasi iniziali, si è fatto un uso massivo di farmaci in modo inappropriato, mentre per compensare la mancanza di affettività e di abbracci sempre più spesso si è ricorso all’uso di psicofarmaci, diventati così un’ancora di salvezza nella tempesta di paura generata dal Coronavirus. 

Da quando è iniziata l’era Covid-19, si è registrato difatti un sensibile consumo di psicofarmaci e, in particolare, quello delle benzodiazepine che hanno subìto un’accelerazione con valori di vendita mai registrati prima. Questo trend è stato confermato anche dall’Istituto Europeo per il trattamento delle Dipendenze (IEuD), che ha rilevato come l’incremento si sia verificato nonostante la drastica riduzione di frequentazione degli studi medici da parte dei pazienti per timore di contagio. La larga diffusione delle benzodiazepine è dovuta al fatto che questi farmaci sono in grado di dare sollievo immediato senza particolare tossicità, inducendo i medici a prescriverle e i pazienti ad assumerle con tranquillità. In questo modo si è sviluppata la cattiva abitudine di tenerli in casa e di utilizzarli come autoprescrizione. Pratica scorretta poiché si passa facilmente da un uso terapeutico all’abuso, con dosi eccessive e inadeguate di autocura. Senza considerare che l’uso prolungato di questi farmaci può generare un fenomeno di “tolleranza” per il medicinale per cui i disturbi originari ricompaiono facilmente.

Nel suo ultimo monitoraggio rilasciato alla fine del 2020, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha evidenziato inoltre come, insieme all’incremento di psicofarmaci, vi sia stato un vero e proprio abuso anche di antibiotici, confermando il difficile rapporto che gli italiani hanno con i farmaci.

In particolare, si è riscontrato un elevato incremento della vendita di macrolidi (+77%) e, tra questi, l’azitromicina ha registrato in alcune regioni un incremento del 160%. É doveroso ricordare che nell’ultimo Rapporto Nazionale OsMed (Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali), riguardante l’uso degli antibiotici in Italia durante il 2019, pubblicato sempre dall’AIFA, emerge che circa “4 persone su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici, con un livello più elevato nei bambini con età inferiore ai 5 anni e nella fascia di età superiore agli 85 anni”.

L’elevato consumo, ma qui sarebbe meglio dire uso scorretto, degli antibiotici, pone l’Italia tra i Paesi europei con la maggiore prevalenza di patogeni resistenti. La situazione è ancora più drammatica se si riferisce a livello ospedaliero, dove sono sempre più frequenti infezioni causate da microrganismi resistenti ai comuni antibiotici.

L’aspetto però che più ci riguarda da vicino è che proprio al Sud si registra un uso maggiore di tali farmaci rispetto alle altre aree geografiche del nostro Paese. Tra i farmaci più utilizzati risulta, questa volta, l’associazione amoxicillina/acido clavulanico, oramai in vetta alle classifiche sia per uso “domestico” sia ospedaliero. É importante sottolineare che l’uso indiscriminato di questa associazione ha generato ceppi batterici resistenti per cui oggi abbiamo seri problemi a contrastarli. 

Tutto ciò può indurre a condizioni affinché in un prossimo futuro si possa presentare una nuova pandemia, causata questa volta da germi multiresistenti. Per questo motivo dobbiamo prendere seriamente in considerazione questi fenomeni e fare tesoro dall’esperienza che stiamo vivendo, in modo che ci possa trovare più pronti ad affrontare un’eventuale altra grande epidemia che, senza ombra di dubbio, rappresenta oggi una delle principali minacce del prossimo decennio. 

Tutti noi dobbiamo reagire in modo diverso proteggendoci, senza sentirci necessariamente malati a cause delle emozioni negative indotte dalla pandemia. L’insicurezza, la confusione, l’irritabilità, la paura, la noia, l’isolamento emotivo, lo stigma associato alla quarantena sono reazioni fisiologiche da controllare senza necessariamente ricorrere a farmaci. 

L’implementazione di politiche che mitigano l’impatto economico della pandemia COVID-19, la riduzione dell’uso del social media, il miglioramento del supporto sociale e l’aumento dell’attività fisica potrebbero aiutare a prevenire il verificarsi di disturbi d’ansia. Come, d’altra parte, offrire un supporto psicologico e informare in maniera corretta la popolazione, fornendo tutte le informazioni precise e accurate e potrebbe aiutare le persone che hanno necessità e favorire la diminuzione dell’incidenza del disturbo d’ansia nelle fasce della popolazione più vulnerabili. Ma, anche comprendere, che i farmaci, sebbene necessari, vanno utilizzati in modo appropriato e che un loro uso non corretto o, a dir peggio, un abuso, può predisporre a scenari ancora più critici.

La nostra speranza è che si possa in futuro reagire a questi drammatici eventi in maniera più attenta e positiva e che si possa ritornare alla vita normale di prima, con la consapevolezza che il peggior nemico dell’uomo, da sempre, è l’uomo stesso.  

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