La frantumazione dell’economia globale
e la strada della cooperazione in Europa

di Giorgio La Malfa
Lunedì 18 Marzo 2019, 23:09
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Un filo conduttore unisce i vari saggi di Fabrizio Saccomanni sull’economia mondiale riuniti nel suo libro più recente (F. Saccomanni, “Crepe nel sistema - La frantumazione dell’economia globale”, Il Mulino, Bologna 2019). Il filo è costituito dalla convinzione che vi è un duplice presupposto perché possa aver luogo uno sviluppo ordinato dell’economia mondiale: la volontà e capacità dei governi dei maggiori paesi di cooperare fra loro; la presenza di istituzioni economiche internazionali di riconosciuta autorevolezza dotate di mezzi adeguati a prevenire o quanto meno ad affrontare le crisi una volta che esse si siano manifestate. 
Secondo Saccomanni, all’indomani della seconda guerra mondiale, per circa venticinque anni furono soddisfatte ambedue queste condizioni e i risultati economici furono eccezionali: si stabilì «un ordine basato sulla cooperazione economica e monetaria tra nazioni, sulla stabilità dei cambi, sulla libertà dei commerci, sul controllo dei movimenti di capitali destabilizzanti» (p. 13). Quest’ordine aveva permesso «la ricostruzione dell’Europa e del Giappone ed aveva dato luogo a una crescita senza precedenti del reddito e del commercio su scala mondiale» (pp. 13-14). 
Questa fase ebbe fine nel 1971 quando l’accumulazione da parte degli stati Uniti di un enorme deficit della bilancia dei pagamenti che essi rifiutarono di correggere portò la Francia ed altri paesi a chiedere la conversione in oro dei dollari da loro accumulati a fronte del deficit americano e alla conseguente decisione degli Stati Uniti di rifiutare unilateralmente la convertibilità del dollaro in oro su cui fino ad allora si era basata l’economia mondiale. Due anni dopo gli Stati Uniti imposero al mondo la rinuncia al sistema dei cambi fissi e l’adozione di un sistema di cambi flessibili. «Fu quella – scrive Saccomanni - la prima gravissima crepa nel sistema di cooperazione internazionale» (p. 16). Da allora, nella ricostruzione di Saccomanni, il sistema economico mondiale è stato sostanzialmente lasciato a sé stesso, alternando fasi di grande sviluppo collegate anche alla trasformazione industriale delle economie asiatiche, a cominciare dalla Cina e dall’India, a crisi rovinose come quella partita dagli Stati uniti nel 2008 e da lì trasferitasi in tutto il mondo lasciando dietro di sé un disordine che ancora non è del tutto risolto.
Saccomanni è realista: non si illude che si possa tornare all’età dell’oro della cooperazione internazionale, né tantomeno al regine di cambi fissi dei primi anni del dopoguerra. E’ consapevole che quel sistema presupponeva l’esistenza di un paese egemone – come erano allora e come sono stati fino a un tempo recente gli Stati Uniti – disponibile ad assumersi anche degli oneri per il buon funzionamento del sistema. 
Oggi questa situazione non esiste più perché l’egemonia americana è ormai apertamente contesta dall’emergere di nuovi grandi protagonisti dell’economia mondiale a partire dalla Cina, ma anche perché l’esito delle elezioni presidenziali americane ha fatto riemergere, come già era avvenuto nella prima metà del XX secolo, un isolazionismo americano, un’idea che venga prima l’America del resto del mondo. Benché già altre amministrazioni repubblicane avessero criticato le istituzioni multilaterali – dall’Onu al Fondo Monetario – e avessero prefigurato un certo isolazionismo, con la presidenza Trump l’America si è ritirata dalle responsabilità globali e pensa di poter perseguire il porprio benessere in uno scontro che comprende anche il ricorso al protezionismo commerciale.
Buona parte della seconda metà del libro di Saccomanni è dedicata all’Europa, alla risposta europea alla crisi, alle possibilità future della cooperazione europea. Saccomanni ritiene che proprio perché nel mondo spira un cento protezionistico, l’Europa dovrebbe creare quantomeno al suo interno un ben diverso clima. Anche all’interno dell’Europa si potrebbero realizzare risultati notevoli mediante la cooperazione fra i governi e le istituzioni sovranazionali. Ma in questa parte del libro traspare la delusione di Saccomanni per la debolezza della risposta europea. . «Può Eurolandia sopravvivere senza politiche anticicliche?» A che punto è «L’interminabile vicenda della regolamentazione finanziaria europea?» - si chiede Saccomanni. Le notizie che vengono dal fronte europeo non sono buone, ma Saccomani ritiene che, proprio di fronte alla potenziale disgregazione della cooperazioone internazionale, i Paesi europei non abbiano altra strada che intensificare la loro cooperazione. 
Qui c’è il punto dal quale può prendere le mosse una discussione. Saccomanni ha ragione nel dire che di fronte al disordine internazionale la risposta dell’Europa dovrebbe essere quella dell’intensificazione della cooperazione e si può quindi comprendere l’impazienza per i ritardi con cui l’Europa muove i suoi passi in questa direzione. E tuttavia è possibile che i germi della disgregazione valgano tanto per gli Stati Uniti che per l’Europa e cioè che prevalgano negli stati Europei stati d’animo e scelte politiche che, per quando siano razionalmente sbagliati, riflettono però le tendenze correnti della pubblica opinione. Comne altro giudicare il consenso che ha accompagnato nelle elezioni politiche italiane del 2018 le posizioni antieuropee dei due partiti che poi hanno vinto le elezioni? 
Se lo scarto fra ciò che razionalmente sarebbe consigliabile e ciò che è razionalmente possibile è troppo forte per poter essere colmato, in questo caso, la saggezza sarebbe forse nell’immaginare il modo di salvare quel tanto di cooperazione possibile in Europa rinunziando però agli obiettivi massimi che ci era posti alla fine del secolo scorso in circostanze allora molto diverse.
In qualche caso la prudenza può essere più lungimirante del mantenimento degli obiettivi ideali. E’ questo il dilemma che si pone oggi agli europeisti. Il bel libro di Fabrizio Saccomanni è un’ottima occasione per riflettere e per discutere di questi problemi.


Verrà presentato a Napoli venerdì alle 17,30 all’Unione Industriali di Napoli, in piazza dei Martiri, il nuovo libro di Fabrizio Saccomanni, “Crepe nel sistema - La frantumazione dell’economia globale” , Il Mulino. Ne discuteranno con l’autore i professori Mario Pagano, Alfredo Del Monte, Giorgio La Malfa, Massimo Lo Cicero
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