Il dopo Covid e il mare ​che non bagna i poveri

di Piero Sorrentino
Lunedì 8 Giugno 2020, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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Tra i molti piani bislacchi venuti fuori nelle settimane drammatiche del confinamento, qualche sorriso ce l’avevano strappato quei disegni che raccontavano come avrebbe potuto essere la nostra imminente estate, inscatolati a sudare in una intollerabile sauna dentro ridicoli cubi di plexiglass che avrebbero garantito, in spiaggia, il distanziamento fisico tra i compagni di vacanze.

Una proposta che è servita giusto a ingrassare per qualche ora il battutario perenne dei social network, ma sulla quale nessuno è stato disposto a scommettere fin dall’inizio nemmeno un centesimo. Eppure, come spesso accade, anche nel ridicolo riesce ad annidarsi un barlume di verità; anche dal grottesco può affiorare una scheggia di realtà che riesce a raccontare di noi molto più di quanto si creda. Perché l’idea di separatezza al mare che caratterizzava quella proposta non si sta manifestando sotto forma di pannelli trasparenti di plastica, ma avanza giorno dopo giorno dentro una forma assai più infida perché più subdola, sotterranea, nascosta: quella dell’idea che il mare, quest’anno ancora più dei precedenti, sarà affare da ricchi.

Quel momento di riflessione sulla spiaggia a venire che ci ha accompagnato più o meno a metà dello scorso aprile si è articolato, nella concretezza della vita che riesce a essere sempre più feroce di un disegno, secondo le linee di un conflitto difficilissimo da sciogliere, quello tra chi può perché possiede denaro e chi non può perché non ne possiede. Che sono nient’altro che i due modi – secondo una idea dai molti e traversali consensi – di concepire e modellare il mondo, che stanno da sempre in una contraddizione fatale e irrisolvibile. E che sono i due modi che hanno impostato, sulla base di una idea semplicissima, quasi un po’ tutto l’intreccio sia di questi mesi di pandemia che degli effetti che da questa si sono riversati, o stanno per farlo, nel nostro immediato futuro: va avanti agilmente chi era già avvantaggiato prima, e questo è tutto. 

Vale per la mobilità: con un’auto privata ti sposti senza troppi problemi, con i mezzi pubblici no. Vale per la didattica a distanza: con una connessione potente e computer affidabili gli alunni hanno studiato più o meno come prima, senza connessione o tablet no. Vale per la spesa al supermercato: se puoi acquistare salutari e costosi prodotti biologici ti prendi cura del tuo corpo, in caso contrario ti tocca la fettina di pollo zeppa di antibiotici al discount. Vale per l’ecologia, la nuova battaglia simbolo dei benestanti e degli agiati. Vale per la spiaggia: se puoi permetterti di andare in uno stabilimento privato trascorrerai bellissime settimane al mare, sennò in bocca al lupo se vorrai trovare un buco disponibile nelle spiagge libere. E, attenzione, non si sta parlando di un “diritto alla vacanza di lusso” o di una rivendicazione giacobina allo yacht per tutti. Molto più banalmente il discorso è indirizzato alla semplice, normale, minima possibilità di usufruire di un pezzetto di spiaggia, di uno spicchio di mare, senza che questo debba passare per le forche caudine del censo, senza che sia il reddito a decidere. Che è quello che, precisamente, sta accadendo, laddove la possibilità del mare si sta modellando intorno alla struttura di una società – specie al Sud e qui a Napoli – fortemente divisa e pochissimo inclusiva.

A Ischia si registra un aumento medio del 30% rispetto agli affitti delle case-vacanza dello scorso anno. A Capri sono già sommersi di richieste di locazione per lunghi periodi di ville con terrazze, piscine e giardini. In Costiera si annunciano aumenti sostanziosi per i servizi offerti dai centri benessere per sostenere le spese causate dai protocolli di sicurezza anti-Covid. Da Posillipo a Bagnoli gli stabilimenti balneari si riempiono già in questi primi fine settimana della ripartenza, e non è difficile immaginare l’aumento dei flussi nei prossimi due mesi. Va bene, sono di certo ottime notizie: l’economia riparte, la gente ritrova fiducia, i soldi tornano ad affluire nelle tasche di chi è stato esposto ai colpi di una durissima crisi. Ma non ci stiamo dimenticando qualcuno? Che possibilità sceglieremo di offrire ai bagnanti che non possono permettersi tutto questo? Che diciamo ai gruppi di cinque, dieci, quindici ragazzi che, lo scorso fine settimana, sono stati rimandati indietro dai vigili alla Gaiola e a Riva Fiorita? Alle famiglie con due, tre, quattro figli che non possono permettersi di sborsare fior di euro per accedere al mare, o che non sono nella cerchia degli intimi del Dottore, dell’Avvocato, dell’Ingegnere con la villa con discesa a mare che possa ospitarli? «Le vacanze sono formate da tre pezzi: partenza, soggiorno e ritorno - scriveva nel luglio del 1979 Giorgio Manganelli - Ce n’è veramente un quarto, che poi è l’unico che conta; è il prima della partenza. Questo prima non lo vende nessuno, ed è il delicato momento dell’illusione». Facciamo in modo che una non trascurabile parte della cittadinanza, per cortesia, non si fermi qui, a questo momento così amaro dell’illusione di una vacanza.


 
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