Nizza, perché l'attentato è politico

di Franco Cardini
Giovedì 29 Ottobre 2020, 23:52
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«Una volta ancora il nostro Paese è stato colpito da un attacco terroristico islamista. Una volta ancora oggi tre nostri connazionali sono morti a Nizza, nella basilica di Notre Dame e chiaramente è la Francia che è attaccata. Il sostegno di tutta la nazione va ai cattolici». Queste le drammatiche parole rivolte dal presidente francese Macron subito dopo l’orribile attentato di Nizza. 

Il “terrorismo islamista” è indicato come il responsabile; l’attacco è diretto contro al Francia, ma specificamente anche contro i cattolici (e non è la stessa cosa). 


Che cosa sta succedendo? La carneficina di Nizza arriva dopo il crimine di Parigi. E’ la Francia, e (per adesso) solo la Francia sotto tiro? E l’attacco è diretto ai cittadini francesi – come parrebbe dato che il primo colpito è stato un insegnante – o ai credenti cattolici? E’ possibile, dietro le squallide figure dei fanatici esecutori, delineare l’immagine dei mandanti, o siamo in presenza di un proliferare di azioni criminali insensate, perpetrate da fanatici isolati, prive di coordinamento? Che cosa significa con precisione «attacco terroristico islamista»? Ormai dovrebb’esser chiaro a tutti che l’aggettivo «islamista» non è più sinonimo di musulmano. Il musulmano è il fedele della religione islamica, ormai quasi un miliardo e settecento milioni di persone.

L’islamista è viceversa un estremista politico-religioso impegnato nel provocare lo scontro violento tra Islam e resto del genere umano: le due roccaforte delle centrali islamiste sono identificabili nelle due organizzazioni di al-Qaeda e del Daesh, detto anche ISIS, in concorrenza tra loro ma entrambe appartenenti al mondo musulmano-sunnita: i musulmano-sciiti, forti soprattutto in Iran, hanno sì organizzazioni militari (come gli Hebzbollah libanesi) ma non compiono attentati terroristici e i capi delle loro confraternite sono concordi (come del resto quasi tutti quelli dei gruppi sunniti) nel condannare il terrorismo assassino. 


Le notizie provenienti dalla Francia ci hanno colto, ammettiamolo, di sorpresa. Erano alcuni mesi che di «terrorismo islamista» non si sentiva più parlare. Si sa, le notizie non circolano e non hanno rilievo tanto in funzione della loro importanza obiettiva, quanto del peso che questo o quel centro di opinion making hanno interesse a dare a ciascuna di esse. Ora, gli esperti e gli osservatori più attenti sapevano e sanno bene che i gruppi islamistico/jihadisti hanno continuato ad essere attivi e a colpire: soprattutto in Afghanistan, in Pakistan, in Iraq, in Siria, in Africa: insomma, nel mondo totalmente o prevalentemente musulmano. Lì ci sono stati anche episodi recenti di un’agghiacciante terribilità: ci sono andati di mezzo, speso, dei bambini. Ma l’opinione pubblica occidentale non era e/o non è interessata a tutto ciò: tutte le vittime sono uguali, certo, ma vi sono di più e di meno “uguali” delle altre. 

A ciò aggiungiamo che, nel mondo vicino e mediorientale, negli ultimi mesi si sono verificati alcuni eventi in relazione ai quali si è pensato che fosse opportuno, come si diceva una volta in tram, “non parlare al manovratore”. In Afghanistan e in Iraq si sono avviati colloqui tesi a uscire dalla guerra civile endemica, come del resto è accaduto per la situazione caucasica allorché Putin ha invitato a Mosca rappresentanti azeri e armeni proponendosi quale mediatore. 


Ma nel Vicino Oriente è in atto una manovra ancora più importante.

Si sta organizzando, ed è già a buon punto, una grande alleanza tripartita fra Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele per la pacificazione definitiva dell’area. Anche gli emirati della penisola arabica sono stati invitati al tavolo delle trattative, e l’Egitto resta in posizione di attesa. Ora, sappiamo per certo che sia al-Qaeda sia Daesh ricevevano appoggio economico e militare da ambienti arabi anche vicini ad alcuni di questi governi che ora puntano a una politica di pace: e ci sono sul tappeto grossi e golosi piatti, quali la questione dei gasdotti mediterranei. Per cui è normale che certi gruppi terroristici, in realtà non troppo lontani dai centri di potere, adesso tacciano o vengano fatti tacere. Resterebbe semmai l’incognita dei palestinesi, gli esclusi probabilmente le vittime che saranno isolate e lasciate a piedi in seguito alla convergenza arabo-israeliana favorita dagli Usa. Ma i palestinesi non interessano a nessuno e nessuno li tutelerà. 


Senonché, a questo festino della pace futura manca qualcuno. C’è un Convitato di Pietra. O, se preferite, una “fatina cattiva” che non è stata invitata. E’ il leader turco Erdoğan, che non a caso ha immediatamente accusato Macron di aver acceso lui la miccia del nuovo scontro adottando nel suo paese misure che hanno umiliato i credenti musulmani. E, diciamo la verità, in ciò può aver avuto qualche ragione, anche se in Occidente tutti hanno fatto quadrato attorno all’Eliseo, dimenticando che la politica di Macron è anche pesantemente “laicista”, il che non offende solo i musulmani.

 
Comunque il gioco del “sultano” è chiaro: ed è in linea con il ritorno di Santa Sofia al suo ruolo di moschea. Erdoğan vuole riempire un vuoto che in questo momento l’Arabia Saudita ha lasciato vuoto, presentandosi come il paladino dell’Islam sunnita: contro “l’eresia” sciita, certo, ma anche contro la “blasfemia” occidentale. Ma il leader turco è troppo abile per compromettersi contro il terrorismo. E ha presa sulla diaspora turca, anche se molto meno con gli arabi e i maghrebini.

 
D’altronde, da dove possono venire i nuovi adepti del terrorismo armato? In parte, lo sappiamo: sono i frustrati delle banlieues, soprattutto i giovani senza istruzione e senza lavoro, e quelli dell’ultima generazione d’immigrati: a volte aizzati da imam che vengono dagli ambienti fondamentalisti (e qui Macron ha ragione a chiedere controllo e chiarezza), ma altre al contrario privi anche d’istruzione religiosa e che non frequentano le moschee. 


E il sindaco di Nizza Christian Estrosi, con i suoi toni duri e l’abusata ma anche fantasiosa etichetta di islamo-fascismo (già usata in qualche ambiente fondamentalista-occidentalista, ma con scarso effetto)? Folklore: Estrosi fa la faccia feroce e mostra i muscoli perché da una parte ha paura di perdere consensi “a destra”, dall’altra vuol evocare lo spirito resistenziale contro quello che Umberto Eco ha chiamato «Il fascismo eterno» in uno dei suoi ultimi scritti che, francamente, non è dei suoi migliori.

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