Porto, dissequestrati i beni di ex presidenti e dirigenti

Porto, dissequestrati i beni di ex presidenti e dirigenti
di Antonino Pane
Sabato 3 Ottobre 2015, 23:24 - Ultimo agg. 23:35
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La pretesa non è giustificata: liberati i beni degli ex presidenti e commissari delll'Autorità Portuale e dei funzionari di piazzale Pisacane. La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Campania (Presidente Fiorenzo Santoro, relatori Nicola Ruggiero e Gaia Palmieri) con ordinanza numero 370/2015, ha revocato il sequestro cautelativo dei beni di Francesco Nerli (ex Presidente Autorità Portuale dal 2000 al 2008), dell’ex presidente Luciano Dassatti (in carica dal 2008 al 2013), del segretario generale Emilio Squillante, dell’ex segretario generale Pietro Capogreco e dei dirigenti Dario Leardi e Ciro Bianco.



Una revoca della misura cautelare motivata dal fatto che «la pretesa erariale non risulta supportata dal necessario fumus». Una valutazione che viene proposta dal Collegio alla fine di «una valutazione sommaria consentita in sede cautelare e senza pregiudizio alcuno per l’ordinario giudizio di merito».



Un concetto questo ribadito varie volte nelle 55 cartelle del provvedimento. Come dire, per ora, non c'è necessità di mantenere il sequestro. Bisogna anche precisare che il Collegio ha respinto tutte le eccezioni proposte in merito alla inammissibilità o tardività delle domande ed alle prescrizioni, riconoscendo così la piena legittimità dell’azione della procura contabile.



Il Collegio dunque ha revocato le misure cautelari solo per il presupposto che i crediti non appaiono prescritti e che agli atti le azioni messe in campo dai vari dirigenti e dai vertici della Port Autority sembrerebbero sufficienti a definire una condotta non anomala, salvo maggiori approfondimenti in sede di valutazione del merito.



Ma ricordiamo i fatti. Con istanza del 27 ottobre 2014 la Procura regionale della Corte dei Conti chiese l’autorizzazione al sequestro conservativo in favore della Port Autority e nei confronti dei soggetti chiamati in giudizio per un ammontare di 7,6 milioni di euro in relazione al presunto danno per omessa riscossione di crediti nel periodo 2004-2009 per canoni demaniali, diritti di approdo e diritti di security.



Secondo l’accusa i soggetti avrebbero, a vario titolo, «arrecato danni, con condotta gravemente colposa», all’Autorità Portuale per violazione di obblighi di servizio, mancato monitoraggio o corretta ed efficace gestione dei rapporti di concessione, mancata diligente attività di riscossione, assenza di procedimenti disciplinari nei confronti di dirigenti inadempienti e tanto altro ancora.



Ma a seguito dell’attività conformativa dovuta proprio all’azione della Corte dei Conti, la stessa procura, dopo aver accertato che nel frattempo i concessionari avevano provveduto al pagamento di parte delle somme sui capitoli contestati, ha chiesto ed ottenuto la riduzione del sequestro conservativo da 7,6 milioni di euro a 4,25 milioni di euro. Gli imputati, dopo un rimpallo di responsabilità, hanno sostanzialmente eccepito, ma senza successo, l’inammissibilità e la prescrizione del danno.



Al centro della vicenda – ancora di grande attualità per l’Autorità portuale – le contestazioni per i debiti milionari di alcuni concessionari (Conateco, Soteco e Terminal Napoli, i nomi che ricorrono di più nell'ordinanza) che sono anche notevolmente aumentati dal 2009 al 2014.



Una vertenza che si sovrappone simmetricamente, bisogna ricordarlo, a quella della Procura della Repubblica di Napoli che ha visto il rinvio a giudizio dei vertici della Port Autority e di amministratori di primarie società concessionarie del porto proprio per gli omessi versamenti di canoni demaniali.
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