San Carlo, prima social thrilling: la Cavalleria «carica» gli hacker

di Piero Sorrentino
Venerdì 4 Dicembre 2020, 23:30
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Trilli lunghi e affusolati che si sono sovrapposti alle note dell’orchestra del San Carlo che sta eseguendo, in forma di concerto, “Cavalleria rusticana” in apertura di stagione. E, sorpresa, nessuno si è irritato. Io me ne sto al mio posto ad ascoltare Santuzza e compare Turiddu assieme ad altre decine di migliaia di persone, solo che nessuno di noi è seduto sulle poltroncine del Massimo napoletano, e neppure ce n’è uno tra questi che ha attraversato da cima a fondo le tappe che scandiscono la ritualità teatrale: l’esibizione del biglietto all’ingresso tra una piccola folla di “uomini scicche e femmene pittate”, la maschera che ti conduce al posto, le occhiate più o meno distratte al libretto di sala, il suono meraviglioso dell’orchestra che accorda gli strumenti.

Il percorso con cui tutti noi siamo appena arrivati – se così si può dire – in sala è transitato interamente lungo i canali di un giocattolone che vale oltre 500 miliardi di dollari chiamato Facebook. Lì abbiamo versato moneta immateriale per un biglietto digitale, lì ce ne stiamo ad ascoltare, in un ambiguo misto di curiosità e perplessità, questa rappresentazione in forma di concerto diretta dal maestro Juraj Valčuha. Perché un fatto è certo: anche in questo caso – come per la didattica a distanza, lo smart working, le riunioni su Zoom, gli acquisti sulle piattaforme on line ecc. – qualcuno sentirà levarsi una stomachevole puzza di zolfo, qualcun altro esulterà con l’acquolina in bocca. Anche per questa prima volta di una trasmissione in streaming della serata inaugurale nella prestigiosa storia plurisecolare del san Carlo, anche per questa inaspettata forma di fruizione solitaria del Fatto Collettivo per eccellenza, il teatro, anche qui ci si dividerà come su tutto il resto delle cose che caratterizzano la nostra nuova vita al tempo della pandemia. C’è chi le lancerà contro possenti anatemi (“Questa è la morte della comunità che si riunisce attorno alla Bellezza”), mentre altri la brandiranno come il vino spumeggiante del brindisi di Turiddu nella celebre aria di Mascagni contro l’elitismo della fruizione culturale riservata a pochi privilegiati (“Tartufi per tutti, anche per i giovani senza un soldo che non possono sostenere i costi alti di una serata al san Carlo, che male c’è?”) Il problema è che la serata è preda all’inizio di grandi difficoltà tecniche.

I primi 17 minuti col video a scatti e l’audio basso; poi, di colpo, una interruzione totale che ha fatto traboccare di parole imbestialite la colonna dei commenti. Alle 20.23 sembra addirittura tutto finito, ma otto minuti dopo la trasmissione riprende (ricominciando daccapo) con una ottima resa audio e video. Certo, per una serata che si era aperta con i complimenti del ministro dei Beni Culturali e con aspettative così alte, non la migliore delle partenze, con tanto di attacco di hacker, ma bravi tutti per l’impegno.

Chissà, comunque, che la recita di stasera non sia un altro esempio del protocollo di deprivazione dei corpi che sembra sovrintendere sempre di più ai destini di donne e uomini di questo millennio digitale. Chissà che a ogni nuovo giro di giostra, man mano che viene privatizzato e domesticizzato ciò che fino all’altro ieri ci sembrava non potesse essere altro che pubblico, non ci venga rosicchiato ciò che è necessario per vivere. O, quantomeno, quello che fino a qualche generazione fa era ritenuto un diritto naturale. Alfio, Mamma Lucia, compare Turiddu, dove siete? Dove siamo noi? Dove sono io? A teatro con voi e con loro? Oppure seduto nel mio appartamento, con la tv accesa a volume azzerato e il display del cellulare che si illumina con le notifiche di whatsapp? Da entrambi i lati dello schermo ci siete voi e ci siamo noi. Tutto sta, immagino, nel decidere che cosa fare della storia che ci state raccomando. Come scrive Thomas Pynchon in “Vineland”, “fa’ conto che intorno a loro c’è una cornice, come alla tv, fa’ conto che stanno recitando una commedia e che tu stai a guardarla. Puoi entrarci dentro, se ti va, oppure puoi restare a guardare e basta, senza entrarci dentro”.

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