Tremonti: «Così il Sud
è affidato a Bruxelles»

di Nando Santonastaso
Lunedì 27 Marzo 2017, 00:15
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Professor Tremonti che sensazioni ha ricavato dalla cerimonia di Roma per i 60 anni del Trattato di fondazione dell’Europa?
«”La nostra gratitudine va alla città di Roma e ai suoi cittadini per le calorose accoglienze che ci vengono rivolte. La nostra gioia è condivisa da milioni e milioni di persone”». Le ho citato Konrad Adenauer nella dichiarazione resa il 25 marzo 1957. Credo che se lo stesso Adenauer fosse stato presente sabato non avrebbe trovato il modo per usare le stesse parole. Peraltro di solito si celebrano nella logica degli anniversari dei trattati come dei matrimoni i 25 anni o i 50 anni. Qui siamo ai 60 ma non trova anche lei curioso che i 50 anni sono passati del tutto inosservati? La firma dei trattati del 1957 fu preceduta dall’invocazione a “Iddio onnipotente perché illumini le menti di chi si appresta alla firma”. L’impressione è che la luce si sia spenta già da un po’ di tempo e non si sia riaccesa neppure sabato scorso. C’è una grottesca simmetria tra finzione e realtà: se al posto del Campidoglio avessero usato Versailles, quella del Settecento, sarebbe stato lo stesso».

Che vuol dire, professore?
«Come nel Settecento il popolo francese era distante dagli aristocratici e viceversa così la stessa asimmetria si ritrova tra popoli e questa elite solo che questa è di serie B. Con rispetto parlando per i lavoratori, quella di sabato sembrava una forza vendite in gita aziendale».

Non le pare di peccare di un eccesso di critica?
«Io credo di averle dato elementi di fatto che parlano da soli, altro che critica. Oggi quello che è stato non sarà dimenticato. Un po’ di storia. Dalla Grecia antica passando per il Medioevo per arrivare all’età moderna, l’idea di Europa è prima mitica, poi poetica e infine filosofica. Diventa idea politica tra le due guerre mondiali ma resta nel circuito delle elites che comunque erano di serie A. L’idea politica di Europa si drammatizza dopo il patto di Monaco ma è troppo tardi, l’idea politica di Europa si realizza infine dopo la guerra quando le elite e i popoli si combinano attraverso i governi democratici degli Stati-nazione che fanno da ponte fra i popoli e le elites. Roma è un trattato confederale tra Stati-nazione sovrani che devolvono verso l’alto quanto necessario per fare il mercato comune europeo, eliminano i dazi interni e gli elementi di imposta (è di qui che si arriverà poi all’Iva) ma conservano la loro sovranità. Non c’è nessuna forzata armonizzazione ma il rispetto della libera legislazione degli Stati. Sono loro, gli Stati, cioè, che garantiscono i popoli avendo la loro fiducia. Vuole un esempio? Basta leggere nel trattato il protocollo sul Sud e sulle isole: in deroga, e lo sottolineo, ai criteri europei veniva fatta valere la particolarità della realtà meridionale che avrebbe poi portato alla nascita della Cassa per il Mezzogiorno e alla detassazione nelle attività produttive nel Sud. Oggi, invece, c’è l’opposto: mentre i padri fondatori dell’Europa mantenevano la responsabilità sul Meridione, i dementi di dopo hanno affidato il Sud a Bruxelles».

In che modo, professore?
«I fondi di coesione, che per inciso sono soldi nostri, vengono amministrati con i criteri di Bruxelles che sono uguali per il Nord e per il Sud, per l’Olanda e per la Campania ignorando che un conto è un subappalto in Calabria e un altro ad Amsterdam. Nell’Europa di allora l’Italia decideva del Sud e lo difendeva, nell’Europa di oggi l’Italia lo appalta agli alieni di Bruxelles che gestisce tutte le aree dell’Unione. L’Europa ha funzionato magnificamente ma la storia ha fatto una svolta con la caduta del comunismo e un’altra con l’arrivo della globalizzazione. Finita la minaccia comunista si unifica la Germania e la moneta e gli illuminati pensano che possa avere inizio l’anno zero della crescita europea. Lo si vede nella infinita, crescente quantità di regole che non servono solo a standardizzare il mercato ma servono de minimis, escono cioè dall’economia per entrare nella vita di tutti i giorni. L’ultima Gazzetta europea è lunga 251 chilometri, come ho già avuto modo di scrivere sul sito Politico.eu in un saggio con Ted Malloch, di recente nominato ambasciatore Usa a Bruxelles. Regole che diventano del tutto negative per l’attività delle Pmi e scatenano la rabbia della gente, i cosiddetti populismi».

E la svolta della globalizzazione?
«L’Europa ha fallito, anche qui fallisce anche sul versante della globalizzazione. Pensavano di fare ancora il Mec, non avevano capito che quello europeo non era più l’unico mercato. Non è l’Europa che è entrata nella globalizzazione ma è avvenuto il contrario». 

Il testo finale però rilancia almeno in teoria l’unità delle scelte dei Paesi membri.
«Ci sono due tipi di testi: indimenticabili e dimenticabili. Questo appartiene al secondo tipo. Grottesco per grottesco, scherzo per scherzo è meglio allora il Manifesto di Zuckerberg rispetto alla Dichiarazione di Roma. Quello almeno è big data, big brother, l’altro è pensierini e personaggetti».
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