Lo spazio che può aprire ​il Pontefice in Ucraina

di Angelo Scelzo
Lunedì 8 Agosto 2022, 00:00
5 Minuti di Lettura

Il Papa è sempre più sulla rotta per Kiev. L’unica incertezza è ormai sulla data, seppure anche questa ristretta in uno spazio che va dal mese in corso alla prima metà di settembre. In pratica, da qui in avanti ogni giorno potrebbe essere buono per il più atteso, e anche più importante, viaggio di Francesco. Più di ogni altro lo attende lui per primo, e affermare che abbia cominciato a pensarci nel giorno stesso dell’invasione dell’esercito russo, non porta certo lontano dalla verità. Allora dovette accontentarsi di un “trasferimento” di poche centinaia di metri, in via della Conciliazione, andando a “bussare” di persona, alla porta dell’ambasciatore russo, chiedendo spiegazioni e raccomandando assistenza e protezione per la popolazione civile. Sei mesi dopo, il bilancio di lutti e rovine lasciato sul terreno da quest’antistorico e insensato conflitto nel cuore dell’Europa continua a prendere forme inimmaginabili. Incombe sempre più, oltre gli esiti delle sanguinose battaglie in corso, Il profilo di una “guerra in sordina” o peggio “dimenticata”: una delle tante, oltre un centinaio, che si combattono nel mondo, avvolte in un silenzio che non sembra più neppure irreale.

Anche all’invasione in Ucraina, nonostante il crescendo di una recrudescenza che arriva ad allertare il pericolo nucleare per i bombardamenti su Zaporizhzhya, il flusso dell’attualità corrente chiede, anzi rivendica per sé uno spazio da tempo sottratto. Era già avvenuto per la pandemia, “scivolata” tra i titoli di coda ancora nel pieno della sua diffusione. Anche per la guerra si assiste ora - anzi è già in atto da qualche tempo - al crollo di una mortificante curva d’interesse che nasconde, ma solo mediaticamente, il dramma agli occhi. È una realtà amara ma incontrovertibile: la guerra che uccide sul campo, stanca e avvilisce anche chi resta in poltrona, e il rischio che diventi uno spettacolo ordinario, per quanto orrendo, va tristemente messo in conto. È anche, e soprattutto, questo lo scenario nel quale inserire l’iniziativa senza soste del Papa, come di colui che si è posto, con fermezza e senza riserve, sulla strada di Kiev; pronto anche a proseguire nella direzione ancora più audace di Mosca. 

Se all’Angelus in piazza San Pietro, ieri, ha salutato come “segno di speranza”, la partenza di altre quattro navi cariche di grano dal porto di Odessa- una delle quali diretta in Italia- pur nell’incertezza della destinazione della prima che ha sbloccato la parzialissima trattativa “alimentare”, il Papa è il primo a rendersi conto che la via del negoziato continua a essere ancor meno praticata della prima fase e che il conflitto è entrato nel momento più difficile e delicato, e in cui anche l’assopimento delle coscienze e un’attenzione meno vigile della comunità internazionale, oltre che dell’opinione pubblica, può portare ad altre derive.

Sa bene Francesco che anche il tempo, pur utile e necessario, dei moniti e degli appelli - oltre settanta dagli inizi della guerra - non incide, in concreto, più di tanto. Sicche’ non è difficile considerare questa sua incessante richiesta di mettere piede e a Kiev, come trama di una più completa e organica “linea negoziale” messa a punto con il personale diplomatico che il Vaticano ha schierato dall’inizio e sul doppio fronte dell’assistenza umanitaria e delle trattative tra le parti. 

La sequenza di avvenimenti degli ultimi giorni porta in primo piano proprio una prospettiva del genere, e proietta nello spazio di tempo tra fine agosto e settembre, il periodo cruciale per una possibile svolta nel conflitto. Nel fine settimana, il Papa ha visto prima il n.2 del Patriarca Kirill, il metropolita Antonij di Volokolamsk, -nominato appena qualche mese fa- e poi l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash. E’ stato quest’ultimo, al termine dell’udienza, a indicare come possibile (e dal suo punto vista auspicabile) data della visita un giorno di agosto o al massimo dei primi di settembre. Il diplomatico aveva ben presente l’impegno già fissato dal Papa del viaggio in Kazakistan, dal 13 al 15, per il “Congresso dei leader delle religioni mondiali” durante il quale è previsto l’incontro tra Francesco e Kirill. 

La visita a Kiev e, subito dopo, l’incontro personale, dopo quello avvenuto via etere nell’aprile scorso con il capo della chiesa ortodossa russa: s’apre quindi uno spazio, in rapida successione, sul versante umanitario e “politico” - in senso alto- e su quello religioso ed ecumenico, nel delicato confronto con il vero retroterra ideologico che ha dato via libera all’invasione di Putin. 

È questo l’asse intorno al quale si concentra oggi l’impegno del Papa e di tutta la diplomazia vaticana. Sulla via di Kiev, dando per scontato che il viaggio sia ormai imminente, l’attesa è stata comunque lunga. Si potrebbe aggiungere, “necessariamente” lunga, viste le difficoltà di una situazione imprevedibile perfino nella sua drammaticità. Non che ora il terreno sia del tutto spianato, poiché non si tratterà, neppure negli aspetti logistici, di uno dei tanti viaggi del Papa. Quello che si prepara sarà in tutti i sensi “il” viaggio del pontificato. 

A Kiev, per il solo fatto d’esserci, Francesco parlerà di pace anche senza pronunciare una sola parola. La sua ambizione, e la speranza di chi lo accompagna, sarà quella di non parlare, ma di portare la pace. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA