Digitale e ambiente, decisivo ​azzerare i divari territoriali

di Stefano de Falco
Mercoledì 21 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:20
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Giorni caldi per la geografia politica italiana. Nella cornice internazionale dei problemi legati all’approvvigionamento energetico tra crisi ucraina e Qatargate, il dibattito si accende sul tema dell’autonomia differenziata, dei divari regionali e della assicurazione di Lep quanto più omogenee possibili. Si è spesso, anche qui, ben osservato che senza un riequilibrio delle condizioni di partenza, l’autonomia differenziata rende il Paese ancora più diviso.

La permeabilità dei perimetri funzionali di cabine di regia, Dpcm, eventuali commissari e Parlamento, rende poi ancora più confusa la governance di una reale possibile roadmap di attuazione di azioni orientate secondo la riforma del Titolo V della Costituzione. 

In questa sede si vuole riflettere su un sottoinsieme di criticità legate alla gestione delle problematiche attuali, anche in relazione al Pnrr. Azioni che dovrebbero avere come finalità non secondaria il riequilibrio dei divari geografici esistenti a partire dalla perequazione infrastrutturale in tema di digitale e ambiente. Due aspetti troppo spesso trattati in forma di binomio omogeneo e che invece mostrano, a proposito delle condizioni di partenza menzionate, significativi elementi di divergenza.

Già a partire dal confronto tra i due principali e più attendibili indici disponibili su tali dinamiche (DESI – Digital Economy and Society Index, e ITE – Indice di Transizione Ecologica), risulta evidente, infatti, una narrazione non omogenea: mentre il primo ripropone il solito divario Centronord- Mezzogiorno, nel secondo, ad esclusione delle città metropolitane, la situazione è più complessa, con province del Nord ad occupare spesso posti nella parte bassa della graduatoria. Leggendo il fenomeno a scala regionale, nelle prime tre posizioni si collocano la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Lazio, nelle ultime tre la Calabria, la Basilicata e il Molise. Tuttavia, anche a livello generale, l’Italia mostra segni di evidente ritardo digitale rispetto ad altri paesi europei, considerando che si posiziona attualmente al 18° posto in Europa come livello di digitalizzazione (DESI, 2022).

Stratificando, poi, i dati per dimensione demografica su base provinciale risulta che mediamente si rileva uno scarto negativo intorno al 25% rispetto alla media generale dei livelli di prestazioni digitali nei territori con minore presenza di abitanti, anche se emergono alcune singolarità positive anche in piccole province in relazione, ad esempio, all’utilizzo dei social e a alla diffusione delle reti di WiFi pubbliche dove le performance sono migliori.

In tale framework va ricordata l’enfasi che l’Europa ha posto nella roadmap di digitalizzazione. Nel 2009, ad esempio, è stata infatti adottata la Comunicazione 2009/C 235/04, intitolata «Orientamenti comunitari relativi all’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga». Successivamente, il 4 aprile 2019, la Commissione Ue ha adottato un progetto «Progetto banda ultra larga Italia» per sostenere la diffusione della banda larga veloce in Italia e garantire l’accesso veloce a internet in aree in cui non è ancora disponibile.

Anche considerando, in forma congiunta, il livello attuale del digitale e la relativa dinamica di sviluppo (una sorta di “posizione” e “velocità”, che qui non vìola il principio d’indeterminazione di Heisenberg), la geografia del digitale disvela ancora una volta l’effetto negativo dei fenomeni di blocchi di sviluppo (lock-in) e di path dependence caratterizzanti il Mezzogiorno.

Per quanto attiene la transizione ecologica, se è pure vero che l’Italia è al secondo posto in Europa per il tasso d’impiego nel settore dell’Economia circolare, è anche vero che lo Stivale è solo al 23° posto dell’EPI - Environmental Performance Index 2022, elaborato dalla Yale University. A livello regionale però l’indice di Transizione Ecologica (ITE) del Green&Blue index del Censis mostra scenari differenti dai differenziali geografici del digitale. 

Digitale e ambiente costituiscono due asset strategici di sviluppo a livello Paese e, pertanto, prima ancora della ricerca di soluzioni ottimali per l’autonomia differenziata, occorre lavorare in un gioco a somma positiva delle regioni e dei territori per rafforzare tali dinamiche. Per farlo non si può prescindere dai dati che raccontano di traiettorie che, allo stato attuale, non sono geograficamente omogenee.
 

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