Lo schiaffo Superlega ​e il rischio tarallucci

di Francesco De Luca
Venerdì 4 Giugno 2021, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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A leggere le dichiarazioni del presidente dell’Uefa, Aleksander Ceferin, che aveva definito Andrea Agnelli più bugiardo dei criminali di guerra della ex Jugoslavia da lui assistiti, non ci dovrebbero essere dubbi: Juve, Barcellona e Real Madrid - i tre club rimasti nella Superlega, a difendere un fortino sguarnito - fuori dalla Champions per una o due stagioni, al loro posto ammessi Napoli, Betis Siviglia e Real Sociedad.

Ma il pugno di ferro annunciato dall’avvocato sloveno sarà tale o resterà un’intenzione mediatica? È attesa prima dell’inizio dell’Europeo la sentenza del Disciplinary Body presieduto dall’austriaco Thomas Partl, contro cui certamente ricorreranno al Tas di Losanna - anche in caso di sanzione pecuniaria e non di squalifica dalle coppe - i tre club rimasti a proteggere questa «creatura» nata il 18 aprile e morta di fatto tre giorni dopo, quando il premier inglese Johnson obbligò le sei squadre della Premier a fare il passo indietro. L’Uefa dovrà tenere conto del pronunciamento della Corte di giustizia europea, che ribadirà il rispetto del principio della concorrenza. Ma se si concede a tre club la possibilità di creare una loro esclusiva associazione (con chi poi non si sa, visto che i nove fuoriusciti dovrebbero pagare una sanzione da 100 miliioni se decidessero di rientrare) bisogna concedere all’Uefa quella di escluderli dalle coppe europee e alle federazioni di non iscriverli ai campionati. Perché altrimenti viene minata l’integrità dello sport e il rispetto delle regole.

Juve, Barcellona e Real si sentono così forti da non essere rimasti in silenzio dopo l’apertura del procedimento a loro carico. Attaccano e respingono l’idea di una sanzione disciplinare o economica. Aspettano che l’Uefa li inviti al tavolo per un accordo, basato su una più vantaggiosa distribuzione degli introiti delle coppe? Ceferin ha adoperato parole durissime e sarebbe clamoroso un suo ripensamento, con un accordo magari sottobanco con Agnelli, Laporta e Perez, i presidenti dei tre club. Anche perché ha stretto un patto con Al Khelaifi, il numero uno del Paris St. Germain e neo presidente della Eca, l’associazione delle società europee, oltre che finanziatore dei Mondiali 2022 in Qatar, il più ricco e tenace oppositore della Superlega.

Il gran capo dell’Uefa non sembra preoccupato per lo scontro frontale, che lascerebbe comunque ferite profonde nel sistema e che i legali di Nyon avrebbero caldamente sconsigliato, temendo poi l’effetto dell’intervento della Corte di giustizia europea.

L’auspicio è che questa vicenda non finisca a tarallucci e vino perché il 18 aprile si è aperta una questione seria sull’integrità del calcio. Se vi è un gravissimo indebitamento - la vera ragione che ha spinto a creare la Superlega, altro che il miglioramento dello spettacolo calcistico - la responsabilità è esclusivamente dei club e di chi non ha effettuato, a tutti i livelli, i dovuti controlli. Vogliamo, ad esempio, interrogarci sulle plusvalenze che da anni realizza la Juve su calciatori di modesto livello per sistemare il proprio bilancio? A livello nazionale, vi sono stati differenti approcci sulla Superlega. In Italia qualche battuta polemica durante un’assemblea di Lega e poi discorso chiuso: nessuno ha messo alla porta Agnelli, dopo la retromarcia di Inter e Milan. Peraltro, soltanto un top club - la Roma di Friedkin - aveva dichiarato l’opposizione alla Superlega nelle ore calde in cui questo mostro minacciava il calcio europeo. In Spagna, invece, il presidente della Liga, Tebas, ha avuto un atteggiamento molto fermo contro Barça e Real, prospettandone l’esclusione dalle coppe e dunque dal campionato. Perché in Italia, invece, tanta prudenza e tanto ossequio verso chi si era fatto promotore della rivoluzione dei ricchi?

Ci vuole coraggio e Ceferin sembra averne. Ma un conto sono le intenzioni, un altro i fatti. È vero che il Disciplinary Body è indipendente rispetto al governo dell’Uefa ma è chiaro che questa è una decisione politica, inevitabilmente ispirata dai piani alti. E Ceferin, a fine aprile, fu bravissimo ad attivare uno dei più potenti politici della terra, Johnson, per fermare l’onda della Superlega. Non si può pensare di archiviare il caso con una sanzione economica. Serve una lezione per chi sul mercato si prepara a spendere tanti milioni convinto che questa storia avrà un finale tranquillo.

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