Ultras, fare piazza pulita è un dovere civile senza se e senza ma

di Francesco De Luca
Lunedì 9 Gennaio 2023, 23:45 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 06:00
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La misura è colma. A distanza di quattro anni dagli ultimi episodi di violenza - gli scontri prima della partita Inter-Napoli nel giorno di Santo Stefano 2018 che provocarono la morte del tifoso varesino Daniele Belardinelli, travolto dal Suv guidato da un ultrà napoletano - domenica è riemersa la parte nera del tifo.

Il terrore scatenato in autostrada e gli scontri con gli ultrà romanisti devono provocare a Napoli un moto di indignazione nettamente superiore a quello che si prova quando negli stadi del Nord partono i cori razzisti. Tutti pronti a ribellarsi e giustamente a chiedere pene esemplari per “Vesuvio lavali col fuoco” o altri squallori che fanno parte del repertorio che accompagna da tempo la squadra su quei campi. Bisogna essere adesso spietati nei giudizi su quanto è accaduto domenica, prima di Samp-Napoli e Milan-Roma. Vi è stata violenza cieca, si sono affrontati due piccoli eserciti che hanno spaventato famiglie in viaggio, magari disinteressate a vicende calcistiche.

D’altra parte, il calcio non ha nulla a che vedere con questa storiaccia che la parte sana del tifo azzurro deve condannare con fermezza, senza alcuna forma di indulgenza. È una questione di civiltà.

Ci si indigni come ha fatto il Napoli, che ha sollecitato il ministro dell’Interno Piantedosi ad adottare provvedimenti forti e duraturi nel tempo ricordando con quanta efficacia il fenomeno degli hooligans inglesi sia stato debellato dal governo Thatcher negli anni Ottanta. De Laurentiis (nella foto) si oppone alle chiusure degli stadi - non risolverebbero il problema perché gli scontri di domenica sono avvenuti a 300 chilometri da Genova e Milano - ma lo stop alle trasferte è oggettivamente un’ipotesi da considerare perché i rischi sono altissimi e, come si è visto, vanno ben al di là dell’orario e del luogo di una partita.

Altro modo per impedire a questi delinquenti di seminare terrore non sembra vi sia in attesa di un intervento del legislatore, con un inasprimento delle pene.

L’emissione del Daspo potrebbe essere un deterrente minimo.

De Laurentiis nel 2007 denunciò un ricatto degli ultrà quando il Napoli era in serie B e ha sempre respinto qualsiasi approccio con questo mondo criminale. Sta vivendo con Spalletti e gli azzurri la più bella stagione della sua gestione e non può tollerare che venga macchiata da chi ha interessi extra-calcistici e interpreta il ruolo di tifoso non con passione ma con il peggiore dei sentimenti: l’odio. La morte di Ciro Esposito, ucciso da un ultrà romanista prima della finale di Coppa Italia nove anni fa, non deve alimentare alcun sentimento di vendetta. Ce lo ha ricordato ancora una volta la madre di quel ragazzo di Scampia, Antonella Leardi, invitando a una riflessione che coinvolga i tifosi e le istituzioni. Non vuole che altre donne provino il suo stesso dolore di fronte a una tragedia come quella che la colpì in una notte che sembra non avere insegnato nulla.

Proprio il Napoli ha avviato in questa stagione un virtuoso percorso nello Stadio Maradona che ha portato a un aumento di presenze di donne e giovani.

La “casa azzurra” per le famiglie - uno dei primi progetti del club - è l’altra faccia del calcio, bella come il Napoli che sta facendo impazzire di gioia i suoi tifosi. Ecco perché bisogna opporsi a chi prova a distruggere questa felicità. Nelle mani dei veri tifosi ci siano soltanto le bandiere azzurre, non le armi che sono state impugnate domenica per seminare terrore da quegli incappucciati. Essi rappresentano il peggio di Napoli, ricordiamolo sempre. 

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