Migranti, il piano Cpr: un centro per i rimpatri in ogni Regione. Dal Trentino alla Calabria: ecco dove sorgeranno

Il governo vuole chiudere la lista delle aree «entro due mesi»

Migranti, ecco il piano Cpr: un centro per i rimpatri in ogni Regione. Dal Trentino alla Calabria: ecco dove sorgeranno
Migranti, ecco il piano Cpr: un centro per i rimpatri in ogni Regione. Dal Trentino alla Calabria: ecco dove sorgeranno
Mercoledì 20 Settembre 2023, 19:09 - Ultimo agg. 21 Settembre, 00:11
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Nel giro di due mesi la rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) sarà potenziata dal Genio militare, che realizzerà le nuove strutture, «opere destinate alla difesa ed alla sicurezza nazionale». È la novità introdotta dal Governo nel decreto legge per il Sud pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che ha anche allungato a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento dei migranti nel Cpr. Non si parla dei soli Centri per il rimpatrio, dunque. Ma di tutte le strutture per l'accoglienza dei migranti, che dovranno essere allestite in «un numero idoneo», «anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti». E la Difesa è stata incaricata - «mediante le proprie competenti articolazioni del Genio militare, l'impiego delle Forze armate e avvalendosi di Difesa Servizi spa» - della progettazione e della realizzazione. Un fondo da 20 milioni di euro per il 2023 è stato assegnato al ministero che lavorerà al Piano straordinario per l'individuazione delle aree destinate ad ospitare i nuovi Centri. Strutture che, sottolinea appunto il decreto, sono «dichiarate di diritto quali opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale».

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L'obiettivo è innanzitutto bloccare le partenze. E chi comunque sbarca in Italia va rimpatriato. A questo scopo sale dai 6 a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento nei Cpr. La rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio - al momento sono 9 per soli 493 ospiti complessivi poiché il decimo, a Torino, è chiuso - sarà potenziata dal Genio militare che realizzerà nuove strutture in località «a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili», senza creare «ulteriore disagio e insicurezza nelle città italiane». Di fatto i Cpr sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione. I lavori viaggeranno così rapidi su una corsia preferenziale.

La Difesa potrà infatti avvalersi delle procedure previste dall'articolo 140 del nuovo Codice degli appalti che consente, ad esempio, di «disporre l'immediata acquisizione di servizi o forniture entro il limite di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità». 

E per realizzarle il ministero della Difesa potrà adottare le procedure superveloci previste «in caso di somma urgenza e di protezione civile» dal nuovo Codice degli appalti. L'esecuzione dei lavori e l'acquisizione dei servizi e delle forniture di somma urgenza può essere inoltre «affidata in forma diretta e in deroga alle procedure». Il dl ha anche precisato come funziona l'allungamento del trattenimento nei Cpr rispetto al limite precedente (sei mesi). La proroga fino a 18 mesi potrà avvenire se, «nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi». La ratio dell'allungamento dei tempi di trattenimento è quella evitare che il migrante da espellere, frequentemente privo di documenti, rifiuti di collaborare all'identificazione confidando in una breve permanenza nella struttura al termine della quale verrebbe rilasciato con un semplice foglio di via. La procedura di rimpatrio non può essere infatti completata senza l'identificazione dello straniero.

Dopo la visita a Lampedusa con la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni illustra le «soluzioni concrete alla forte pressione» che ha portato già 130mila arrivi nel 2023. La premier definisce «sorprendente» il piano in 10 punti presentato da Bruxelles, perché «perfettamente in linea con quel cambio di paradigma che questo Governo ha sostenuto fin dal suo insediamento e che ora si è affermato a livello europeo»: la difesa dei confini esterni dell'Unione e lo stop «a monte» dei trafficanti di esseri umani e «dell'immigrazione illegale di massa».

L'Esecutivo ora, annuncia, seguirà «con grande attenzione, passo dopo passo, gli impegni che l'Europa si è assunta con l'Italia, a partire dall'impegno per sbloccare in tempi rapidi le risorse previste dal Memorandum con la Tunisia». Al prossimo Consiglio europeo di ottobre l'Italia «chiederà agli altri Stati membri di assumere le decisioni necessarie e conseguenti, soprattutto in tema di blocco delle partenze illegali dal Nord Africa». 

La lista dei nuovi Cpr e la polemica

Non c'è ancora l'elenco delle strutture che il genio militare dovrà trasformare - «nel più breve tempo possibile», ha chiesto la premier nei nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio. Le località scelte saranno siti di interesse nazionale per la sicurezza. Ma c'è già chi alza le barricate: il presidente della Toscana, Eugenio Giani, ha già annunciato che non darà l'ok «a nessun Cpr» nella Regione. Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, è però deciso a proseguire: «Ce lo chiede l'Europa. Ce ne sarà almeno uno per regione».

Critiche anche dai sindacati di polizia. Per il Silp Cgil i Centri, con l'allungamento della permanenza a 18 mesi, diventeranno delle «vere e proprie bombe sociali». Mentre il Garante dei detenuti, Marco Palma, avverte: «La durata del trattenimento non è connessa alla effettiva possibilità di rimpatrio. Anche in passato, quando erano previsti 18 mesi, il numero delle persone rimpatriate è rimasto sempre pari a circa il 50%».

La norma approvata dal Consiglio dei ministri, ha sottolineato Piantedosi, «è all'interno di una cornice europea. Con la disponibilità del genio militare puntiamo alla rapida realizzazione delle strutture per rafforzare la capacità di espulsione: è una cosa che ci chiede l'Europa. È previsto dalle normative ed è stata sempre una delle raccomandazioni che l'Europa ha fatto all'Italia». Il ministro ha poi ricordato che i Centri «furono introdotti con la legge Turco-Napolitano, sotto un governo di sinistra».

Il governatore dem Giani non è però disposto a fare sconti: «cosa c'entra - chiede - il Cpr come risposta ai flussi emergenziali? Prima rispondi a come integrarli e accoglierli, poi parli anche di quei casi isolati nei quali poter prevedere la lunghissima procedura di rimpatrio». Il presidente altoatesino Arno Kompatscher ha avuto un colloquio col titolare del Viminale: «mi ha garantito che il Cpr in Alto Adige servirà solo per le esigenze locali, non ci saranno trasferimenti da altre regioni». Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini è duro. «Di Cpr - spiega - non sappiamo assolutamente nulla. Se qualcuno vuole costruirne ci dica dove lo vuole fare». Sulla stessa linea Luca Zaia (Veneto): «noi non siamo stati contattati». Per il vicepresidente delle Marche Filippo Saltamartini, «non c'è l'esigenza di averli nella nostra regione».

Favorevole, invece Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia): «il Cpr, nella mia esperienza di Gradisca di Isonzo, funziona molto bene perché garantisce i rimpatri e la sicurezza dei cittadini». Le proteste dei territori sono state messe in conto dal Governo. Proprio per questo, come ha fatto sapere Giorgia Meloni, i Centri sorgeranno in luoghi «a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili». Caserme ed i siti militari, già con i muri di cinta, si prestano. Ma non saranno i soli siti considerati.

Alla Difesa è in corso una ricognizione delle strutture con le caratteristiche adatte. L'ultima manovra ha stanziato 42,5 milioni di euro in tre anni a questo scopo. Calcolando che quelli attualmente operativi sono 9 (Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Palazzo San Gervasio, Trapani, Gradisca, Macomer e Milano), più Torino, chiuso per danneggiamenti, si punta ad individuarne altri dieci circa: 12 le regioni sprovviste (Calabria, Campania, Abruzzo, Molise, Marche, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Valle d'Aosta, Veneto, Trentino Alto Adige).

Sono sempre le forze di polizia a garantire l'ordine nei Centri, che ospitano quasi 600 persone complessivamente. Il Silp Cgil stima che per gestire un Cpr ogni giorno serve «un centinaio di operatori. Tutto questo escludendo coloro che gestiscono le pratiche amministrative e i rimpatri. Se apriamo nuovi Centri, dove recuperiamo tutto questo personale?».

 

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