Casa Leopardi, a Recanati
i danni dopo la tempesta

Casa Leopardi, a Recanati i danni dopo la tempesta
di Fabrizio Coscia
Martedì 7 Giugno 2016, 08:02
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Questa volta, la quiete dopo la tempesta a Recanati non ha portato alcun «piacer figlio d'affanno». La pioggia torrenziale di due giorni fa ha infatti danneggiato la casa di Leopardi, il Palazzo antico dove oggi vivono i discendenti. E chissà cosa ne avrebbe pensato lui, il conte Giacomo Taldegardo, che non sopportava i temporali e appena sentiva un tuono o vedeva un lampo, da bambino, si nascondeva con la testa sotto le coperte, o accendeva una lampada. «La grandine ha spaccato alcune vecchie tegole in cotto - spiega il Vanni Leopardi, che abita nel Palazzo - e l'acqua è filtrata fino al piano nobile, all'altezza del soffitto ligneo con le tempere a motivi floreali di tre stanze della Biblioteca, florilegi che Giacomo ammirava molto».

Di impianto medievale, ristrutturato nella prima metà del Settecento in stile neoclassico dall'architetto Carlo Orazio Leopardi, prozio del poeta, che riunì in un unico nucleo i diversi edifici in cui la famiglia aveva abitato fin dal secolo XIII, il Palazzo si estende su ben diecimila metri quadri e l'intero primo piano (l'unico oggi aperto al pubblico) è occupato dalla famosa biblioteca di Monaldo, il padre del poeta: cuore dell'universo leopardiano, con i suoi ventimila volumi, luogo di formazione che sembra partorito da un sogno di Borges. Soffitti affrescati ovunque, nella biblioteca e al piano nobile, su cui Leopardi favoleggiava, soprattutto sulle «bellezze di vita pastorale», immaginando che «se fosse conceduta a noi così fatta vita, questa già non sarebbe terra ma paradiso, e albergo non d'uomini ma d'immortali». Tra queste «antiche sale», in questi enormi spazi il poeta ha vissuto la sua infanzia felice ed eternamente rimpianta, di un'«allegrezza pazza», come ricordava il fratello Carlo, che veniva costretto a fargli da cavallo, quando giocavano alle battaglie omeriche, anche con l'amatissima sorella Paolina (poi più grandicello divenne memorabile aedo familiare di improvvisati poemi eroicomici).

Ma fu, come si sa, una felicità destinata a dileguare presto. Fin dalle prime ore del mattino Monaldo, insieme al precettore don Sebastiano Sanchini, portava i tre figli nelle ampie e luminose sale della biblioteca (che aprì vanitosamente e inutilmente al pubblico, poiché restava sempre deserta). Qui Giacomo si rivelò ben presto un enfant prodige, lasciando stupito per la prodigiosa conoscenza delle lingue antiche il suo precettore, che a un certo punto ammise di non aver più nulla da insegnargli. Ma la biblioteca, dove Giacomo spese «la miglior parte» di sé, immergendosi in uno studio «matto e disperatissimo», e la casa, e Recanati tutta divennero per Leopardi una prigione orrenda da cui voleva solo fuggire.«Qui tutto è morte - scriveva già a Pietro Giordani nel 1817 - tutto è insensataggine e stupidità» Si sentiva, lui «grande ingegno» come «la gemma nel letamaio». Intanto si struggeva d'amore non ricambiato per la vita, e quanto più diveniva consapevole del suo genio tanto più si sentiva incompreso e svillaneggiato dai suoi concittadini, al punto da pagare i ragazzacci affinché non gli dessero più del «gobbo di Montemorello», gridandogli dietro. Tra rabbia, noia e malinconia, fallì clamorosamente il suo primo tentativo di fuga, bloccato dal padre, e quando finalmente riuscì a partire, per la prima volta a 24 anni, rimase così deluso da Roma da rimpiangere il suo «natìo borgo selvaggio». Fu, quello del poeta con Recanati, un rapporto di odio e amore perenne e complesso.

Qui, isolato da tutti i centri culturali d'Europa, Leopardi andò elaborando uno dei pensieri più profondi e originali della cultura dell'Ottocento, e fu sempre qui che concepì, dopo il ritorno da Milano, Bologna, Firenze e Pisa, nel 1828, le poesie più straordinarie mai composte in lingua italiana dai tempi di Petrarca: uno struggente e musicalissimo inno d'amore alla sua infanzia e alla sua Recanati, da cui tornerà a fuggire, e questa volta per sempre. Intanto la cittadina marchigiana si è candidata a Capitale della cultura italiana per il 2018 e il turismo si è incrementato notevolmente, con migliaia di visitatori al mese, dopo le riprese del film di Mario Martone «Il giovane favoloso», al punto da spingere il sindaco a istituire una zona ztl. E nel 2019 ricorrerà l'anniversario della composizione dell'Infinito, un evento che si prospetta di risonanza mondiale, soprattutto dopo la crescente attenzione del mondo anglosassone nei confronti del poeta. Anche per questo i suoi discendenti chiedono il sostegno delle istituzioni affinché il Palazzo venga protetto da ulteriori possibili danni. Le infiltrazioni alle pareti dell'Accademia dei Diseguali, coperte da preziose tele damascate, fino ai soffitti della biblioteca, l'allagamento delle cantine, sono, per Vanni Leopardi «un campanello d'allarme che non deve essere trascurato perché se l'obiettivo è la conservazione assoluta questo antico palazzo necessita anche di un forte appoggio istituzionale. Da soli non ce la possiamo fare: la casa di Giacomo è patrimonio di tutti».