La donna ha quindi chiesto un risarcimento del danno al Ministero della Salute, «sostenendo la sua responsabilità, per omessa vigilanza, anche se il virus dell'HCV è stato scoperto soltanto dopo la trasfusione. Il Ministero ha contestato la richiesta e ha sostenuto che il virus è stato scoperto soltanto nel 1988 e, quindi, esso nulla poteva fare per evitare il danno».
Il Tribunale di Napoli, riporta Liguori, ha dato ragione alla donna «e ha affermato che il Ministero è tenuto ad esercitare un'attività di controllo e di vigilanza in ordine alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell'uso degli emoderivati, ed è responsabile per omessa vigilanza del danno conseguente alla trasfusione di sangue ed emoderivati effettuata nel 1987, quale l'epatite cronica HCV correlata subìta dal trasfuso anche se il relativo virus è stato scoperto successivamente». «Il Tribunale ha accolto in toto le nostre tesi - conclude l'avvocato difensore - e ha evidenziato che il Ministero ha attivi e concreti poteri di vigilanza nella preparazione e utilizzazione di emoderivati e di controllo in ordine alla relativa sicurezza e, quindi, ben prima del 1988 poteva, ed anzi doveva, adottare comportamenti più virtuosi».