Esercito europeo, intervista al generale Mauro Del Vecchio: «Ora è possibile, c'è già molto lavoro comune»

Esercito europeo, intervista al generale Mauro Del Vecchio: «Ora è possibile, c'è già molto lavoro comune»
di Mariagiovanna Capone
Mercoledì 1 Giugno 2022, 10:00 - Ultimo agg. 13:35
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Mauro Del Vecchio, generale dell'Esercito Italiano, ha avuto tanti prestigiosi incarichi nella sua carriera tra cui la Brigata Bersaglieri Garibaldi guidata in Bosnia, Macedonia e Kosovo tra il 1997 e il 1999, e le forze Nato in Afghanistan (ISAF) nel 2005-2006.

Il conflitto in Ucraina ha riportato all'ordine del giorno il tema di un coordinamento per la difesa militare dei Paesi dell'Unione Europea. I tempi sono finalmente maturi per attuare questo progetto?
«È un progetto fattibile, ne sono profondamente convinto. Lo è ora più che mai, e lo si persegue da molti anni anche con risultati soddisfacenti. Nell'ultimo decennio del Novecento se n'è parlato in maniera molto concreta e abbiamo visto le prime iniziative che puntavano a creare una struttura militare europea che fosse in grado di assicurare i concetti basilari dell'unione. Mi sembra il caso di ricordare l'Eurofor, che era una istituzione formata con personale militare di Italia, Francia, Spagna e Portogallo, o l'Euromarfor, anche questo con il contributo degli stessi quattro Paesi. Entrambi miravano a creare delle strutture precise, e tra l'altro l'Eurofor è stato impiegato attivamente in Kossovo e nei Balcani. Quindi di fondo c'è già l'idea di una costituzione di strutture militari congiunte che possono rappresentare l'Europa. Sono profondamente convinto che sarebbe una decisione molto positiva, non solo per l'aspetto puramente militare, ma perché le nazioni europee sono portatrici di valori profondamente democratici. Una garanzia contro situazioni che, se ci dovessero essere, potrebbero comportare l'impiego della forza. Quindi costituire una difesa militare europea è una idea che deve essere perseguita».

Quale dovrebbe essere il punto di partenza per questo sistema militare europeo?
«Si dovrebbero costruire delle strutture di comando e controllo in cui le persone di vari Stati membri dell'Unione, che vorranno aderire, lavorerebbero sempre insieme, studierebbero e pianificherebbero possibili operazioni che li vede coinvolti.

I reparti dovrebbero anche essere aggregati, cioè convivere. In poche parole, si dovrebbe creare una struttura in cui non ci sarebbe più formalmente la suddivisione tra nazioni europee ma tutti, su direttive politiche unitarie ovviamente, lavorerebbero insieme. Alla base occorrono provvedimenti forti e indicativi di una volontà di esprimere anche in campo militare una propria identità sempre ispirata a valori democratici. Cioè prima di realizzare una Difesa, è la politica che dovrà pianificare su quali basi e poi ogni Paese deciderà se aderire».

La Nato avrebbe senso di esistere?
«Agli Usa questo sistema militare europeo non fa piacere, e la Nato si sentirebbe sminuita. Andrebbe quindi stabilito il campo di azione, tipo di operazioni e modalità. Credo che col tempo ne apprezzeranno l'impegno».

Resterebbe il nodo di chi mettere a capo di un sistema così complesso e delicato.
«Credo che il principio di alternanza, cosa che già avviene per alcuni organi dell'Ue, sia un punto di partenza. Poi vorrei ricordare un fatto poco noto: noi militari italiani siamo quelli che hanno avuto maggiori posti di rilievo in operazioni internazionali. Io stesso, come tanti altri, ho avuto il privilegio di operare insieme a eserciti europei, turchi, statunitensi Siamo abituati a lavorare con differenti Paesi con esecuzioni tecniche sempre condivise. Una visione eterogenea quindi, per noi sarebbe piuttosto facile da istituire e guidare». 

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