«Non riesco a dormire la notte». Queste le parole di Salvatore, un ragazzo siciliano di 23 anni che si è trasferito da Palermo a Roma per lasciarsi alle spalle i pregiudizi che ha sperimentato nella sua terra a causa del suo orientamento sessuale e ricominciare. Ma mentre si trovava in un negozio di abbigliamento del centro commerciale Roma est, il luogo dove lavorava fino a poco prima, è stato brutalmente aggredito da tre persone, di cui due addetti alla sicurezza - come ha dichiarato nella denuncia - che gli hanno messo le mani al collo dicendo: «Fro**io di mer*a».
Ora è spaventato e deluso. «Venendo da una terra di ingiustizie, pensavo di potermi riscattare qui, a Roma, e invece mi sbagliavo», dice al Corriere della Sera.
L'amarezza di Salvatore
«I lividi scompaiono, i dolori vanno via, quello che rimane è la sensazione di essere stato 'violentato' fisicamente, di sentirsi discriminato», dice il 23enne.
Così si è trasferito a Roma, convinto che in una grande città le persone siano più aperte, che sia un luogo dove «si può essere chi si vuole». E per un po' è stato così: «Non ho mai avuto problemi a girare anche per strada mano nella mano con un ragazzo, a divertirmi in discoteca...non mi sono sentito mai giudicato».
Il motivo del pestaggio
Salvatore non è certo del perché sia stato aggredito. In quel momento era tornato nel suo ex posto di lavoro per richiedere, per l'ennesima volta, la carta dei buoni pasto che gli spettava. Ma il responsabile del negozio non sembrava contento di dargliela e alla fine «me l'ha lanciata addosso chiedendomi di non farmi rivedere mai più». Così ipotizza che sia stato proprio quell'uomo a chiamare la sicurezza. I suoi colleghi, invece, credono che sia stata una segnalazione riguardo un ladro che girava per il centro commerciale e i vigilantes, per errore, abbiano creduto si trattasse di lui.
Ciò che è certo è che quelle tre persone sono entrate nel negozio d'abbigliamento, «due in divisa e uno in borghese, e hanno iniziato a picchiarmi: pugni, schiaffi, mi hanno messo a testa in giù, hanno provato a soffocarmi». Secondo il 23enne gli insulti sono dovuti al fatto che non reagiva, non si difendeva, ma chiedeva di essere liberato, e per alcuni «se ti mostri debole sei un omosessuale». Ora Salvatore andrà nella sua Sicilia per stare con la famiglia e andrà da uno psicologo per riprendersi dal trauma. Ma poi tornerà a Roma. «Non possono fermarci», dice.