Salvatore picchiato dalla sicurezza del centro commerciale: «Mi chiamavano "fro**o di me**a, ero a Roma per superare i pregiudizi della Sicilia»

«I lividi scompaiono, i dolori vanno via, quello che rimane è la sensazione di essere stato 'violentato' fisicamente, di sentirsi discriminato»

Salvatore picchiato dalla sicurezza del centro commerciale: «Mi chiamavano "fro**o di me**a, ero a Roma per superare i pregiudizi della Sicilia»
Salvatore picchiato dalla sicurezza del centro commerciale: «Mi chiamavano "fro**o di me**a, ero a Roma per superare i pregiudizi della Sicilia»
venerdì 25 luglio 2025, 07:40
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«Non riesco a dormire la notte». Queste le parole di Salvatore, un ragazzo siciliano di 23 anni che si è trasferito da Palermo a Roma per lasciarsi alle spalle i pregiudizi che ha sperimentato nella sua terra a causa del suo orientamento sessuale e ricominciare. Ma mentre si trovava in un negozio di abbigliamento del centro commerciale Roma est, il luogo dove lavorava fino a poco prima, è stato brutalmente aggredito da tre persone, di cui due addetti alla sicurezza - come ha dichiarato nella denuncia - che gli hanno messo le mani al collo dicendo: «Fro**io di mer*a».

Ora è spaventato e deluso. «Venendo da una terra di ingiustizie, pensavo di potermi riscattare qui, a Roma, e invece mi sbagliavo», dice al Corriere della Sera. 

L'amarezza di Salvatore

«I lividi scompaiono, i dolori vanno via, quello che rimane è la sensazione di essere stato 'violentato' fisicamente, di sentirsi discriminato», dice il 23enne.

Una delusione cocente e una speranza infranta, quella di costruirsi una quotidianità migliore. «Sono venuto in città per trovare di meglio, non potevo sopportare il fatto di non poter essere me stesso con la mia famiglia, nell'ambiente di lavoro», dice il ragazzo, pur grato del sostegno che ha ricevuto dagli amici. Ma al di là della propria cerchia aveva trovato pregiudizi e chiusura: «La religione influenza moltissimo il giudizio delle persone. Chi è venuto a saperlo mi ha detto che ero gay perchè i miei genitori erano separati, perché mia mamma mi aveva abbandonato da piccolo...come se essere gay fosse causato da un trauma».

Così si è trasferito a Roma, convinto che in una grande città le persone siano più aperte, che sia un luogo dove «si può essere chi si vuole». E per un po' è stato così: «Non ho mai avuto problemi a girare anche per strada mano nella mano con un ragazzo, a divertirmi in discoteca...non mi sono sentito mai giudicato».

Il motivo del pestaggio

Salvatore non è certo del perché sia stato aggredito. In quel momento era tornato nel suo ex posto di lavoro per richiedere, per l'ennesima volta, la carta dei buoni pasto che gli spettava. Ma il responsabile del negozio non sembrava contento di dargliela e alla fine «me l'ha lanciata addosso chiedendomi di non farmi rivedere mai più». Così ipotizza che sia stato proprio quell'uomo a chiamare la sicurezza. I suoi colleghi, invece, credono che sia stata una segnalazione riguardo un ladro che girava per il centro commerciale e i vigilantes, per errore, abbiano creduto si trattasse di lui. 

Ciò che è certo è che quelle tre persone sono entrate nel negozio d'abbigliamento, «due in divisa e uno in borghese, e hanno iniziato a picchiarmi: pugni, schiaffi, mi hanno messo a testa in giù, hanno provato a soffocarmi». Secondo il 23enne gli insulti sono dovuti al fatto che non reagiva, non si difendeva, ma chiedeva di essere liberato, e per alcuni «se ti mostri debole sei un omosessuale». Ora Salvatore andrà nella sua Sicilia per stare con la famiglia e andrà da uno psicologo per riprendersi dal trauma. Ma poi tornerà a Roma. «Non possono fermarci», dice. 

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