Torre Piloti, «sconto» in appello:
l'ira dei familiari delle vittime

Torre Piloti, «sconto» in appello: l'ira dei familiari delle vittime
Venerdì 18 Gennaio 2019, 19:39 - Ultimo agg. 19:54
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Il pilota Antonio Anfossi era ignaro delle avarie della Jolly Nero. I membri dell'equipaggio della portacontainer della compagnia Messina, la sera del 7 maggio 2013, non gli dissero nulla quando prese il timone per condurre l'imbarcazione fuori dal porto facendola invece schiantare contro la Torre piloti abbattendola e causando la morte di nove persone. Per questo i giudici della corte d'appello di Genova lo hanno assolto, modificando la sentenza di primo grado nella quale gli erano stati inflitti 4 anni e due mesi. È il colpo di scena della sentenza d'appello per la tragedia avvenuta nel porto di Genova. Assoluzione confermata per Giampaolo Olmetti, comandante d'armamento, e per il terzo ufficiale Cristina Vaccaro. Alla lettura della sentenza Adele Chiello, mamma di Giuseppe Tusa (una delle vittime), ha urlato: «Ho perso sei anni della mia vita. I potenti non si toccano». I suoi legali hanno annunciato che impugneranno in Cassazione.

I giudici hanno ridotto la condanna al comandante della Jolly Nero Roberto Paoloni (da 10 anni e 4 mesi a 9 anni e 11 mesi). In primo grado il primo ufficiale della nave cargo Lorenzo Repetto era stato condannato a 8 anni e 6 mesi (pena confermata) e a 7 anni il direttore di macchina Franco Giammoro (confermata). La compagnia Messina era stata condannata al pagamento di un milione e 500 mila euro perché ritenuta responsabile di illecito amministrativo relativo al comportamento del comandante. La pena è stata confermata. La fine di un incubo per il pilota Anfossi. Mentre per gli altri imputati resta l'amarezza per una «sproporzione» della pena.

Quella notte, secondo l'accusa, la nave si andò a schiantare perché venne fatta partire nonostante già nel pomeriggio si fossero verificate diverse avarie al motore. L'allarme partito dalla sala macchine venne silenziato mentre il pilota Anfossi era al comando per fare uscire il cargo dallo specchio d'acque del porto. Una catena di errori che portarono allo schianto contro la struttura della capitaneria. Dopo la prima inchiesta ne venne aperta una seconda, sulla posizione della stessa Torre. In un primo momento venne archiviata, ma la mamma di Tusa si oppose e il gip ordinò nuove indagini. Per quel filone sono adesso a processo 12 persone e due società tra progettisti della struttura, collaudatori e datori di lavoro. È quasi chiusa invece quella sulle certificazioni rilasciate dal Rina: in quella inchiesta sono attualmente indagate 35 persone, tra dipendenti della società di certificazione navale e militari della capitaneria.
 
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