Via dall’Afghanistan, per scelta di politica estera.
Via dall’aeroporto, causa rischio terrorismo.
Via da Kabul, «immediatamente».
In una parola sola, dunque: via.
Biden non cambia idea, insomma. E accelera persino sulla data del 31 agosto.
Perché mentre gli alleati occidentali, assieme a un gruppo nutrito e bipartisan dello stesso Congresso a stelle e strisce, chiedono al presidente di ripensarci e di concedere almeno un’estensione, lo stesso presidente vuole gli ultimi 1500 americani fuori dall’inferno, adesso.
(Il segretario di Stato Antony Blinken)
C’è un allarme, però, e suona tra le pagine del New York Times.
Riguarda naturalmente gli afghani, tra l’incudine della Storia e il martello dei talebani.
E riguarda in particolare coloro che con l’America hanno in mille modi diversi collaborato.
La stima è assolutamente spaventosa: sarebbero, infatti, più di 250mila.
Impossibile salvarli tutti, la retrospettiva è complessa, ma gli Stati Uniti prima hanno creato il caos e ora girano la faccia dall’altra parte.
Nel frattempo, da New York a Los Angeles arrivano le prime testimonianze dei rifugiati che sono riusciti a scappare.
Il leitmotiv è uno solo: «Non credete alle promesse, alle bugie dei talebani».
Quella moderata è soltanto una maschera, lo scempio che verrà non avrà nessuna pietà. Specie delle donne, condannate di nuovo al castigo. E, neanche a dirlo, dei traditori.
Via, il mondo col fiato sospeso.
Oramai a quasi vent’anni esatti dal crollo delle Torri Gemelle, poche ore all’alba del primo settembre, con l’ultima notte di agosto che porta con sé il buio di un nuovo vecchio incubo.