«Gli Stati Uniti si preparino alla guerra contro la Cina».
Un’affermazione bomba, potenzialmente apocalittica. Parole e musica, drammatica in sottofondo, di Mike Pompeo.
Nel corso di una lunga intervista, l’ex segretario di Stato dell’era Trump traccia uno scenario da incubo:
«Se non nel 2024, di sicuro nel 2025».
E spiega, sia le sue ragioni che le sue paure:
«Spero di sbagliarmi, naturalmente. Ma siamo onesti: il Partito Comunista Cinese è in guerra con l’America, e con l’Occidente intero, almeno da 40 anni, almeno in una sorta di guerra economica».
E proprio sul fronte dell’economia, calca ancora di più la mano: «Hanno costruito la loro fortuna sulle spalle dei lavoratori americani, che sono stati abbandonati al loro destino, mentre troppi dei nostri governi hanno fatto finta di niente, si sono girati dall’altra parte».
Ma il fronte vero, a un passo dallo scoppio, è un altro: ed è quello di una Taiwan sempre più contesa.
Percepita come storicamente propria da Pechino, e percepita invece come ultimo baluardo di resistenza e di libertà da Washington, specie dopo la caduta di Hong Kong.
La possibile escalation militare attorno all’isola è tracciata in un memorandum dell’Esercito a stelle e strisce che sta letteralmente facendo il giro di tutte le agenzie stampa del mondo.
Lo firma un altro Mike, il generale Mike Minihan dell’Aeronautica Usa, che prevede il peggio e che chiede a gran voce più armi e più mezzi affinché gli stessi Stati Uniti si preparino allo scontro, a detta sua oramai inevitabile.
Stanziamenti di fondi e armamenti d’avanguardia.
«Non bisogna concedere “un pollice” (figurato, “un centimetro”, ndr)», insomma.
Esattamente questo, tra le altre mille iniziative dell’ex numero 1 della Cia, il titolo del nuovo libro di Pompeo.
Un grave monito che rischia però di cadere nel vuoto.
Un ulteriore scossone che rischia cioè di agitare una Comunità Internazionale già in frantumi.