Mentre il mondo trattiene il fiato, gli Stati Uniti ribadiscono il proprio sostegno a Israele, la Russia si propone come mediatrice e le cancellerie europee invocano moderazione. Trump ha ammesso ieri di essere stato informato in anticipo dell’attacco all’Iran, ma ha negato un intervento diretto degli Stati Uniti: «Israele ha usato un materiale militare eccezionale, fornito in parte da noi, e ne avrà ancora molto altro in arrivo», ha dichiarato, lasciando intendere che il flusso di armi verso Tel Aviv proseguirà senza ostacoli. Tuttavia, pur sostenendo Israele con armi, tecnologie e intelligence, Trump non potrà fornirgli le nuove “bunker buster”, le bombe a penetrazione profonda, che sarebbero capaci di distruggere strutture sotterranee come quella di Natanz, uno dei principali impianti nucleari del paese.
LE OPZIONI
Questi ordigni, pesantissimi, richiedono aerei come i B-2 o i B-52 per essere trasportati e sganciati e Israele non possiede velivoli con tale capacità. Ciò limita, di fatto, le opzioni militari disponibili per un attacco diretto contro i siti nucleari più protetti dell’Iran. Le rivelazioni confermano da parte di Trump una strategia di supporto indiretto ma sostanziale: Washington fornisce le armi e la tecnologia, ma lascia che Israele agisca autonomamente, posizione che permette agli Stati Uniti di mantenere una certa distanza diplomatica, pur conservando un ruolo strategico nella regione. Trump ha anche colto l’occasione per rilanciare la sua linea dura nei confronti del nucleare di Teheran: «Avevo dato loro sessanta giorni per arrivare a un’intesa, oggi è il sessantunesimo», ha dichiarato. «Forse questa volta faranno sul serio, prima che non resti più nulla». Sul piano diplomatico, la situazione è in rapida evoluzione. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è riunito d’emergenza ieri sera su richiesta di Teheran. Ieri sera era atteso l’intervento di Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea), che ha già condannato l’operazione israeliana come «una pericolosa violazione del diritto internazionale» e si è offerto di inviare ispettori per verificare la sicurezza degli impianti. Un’ulteriore sessione straordinaria dell’Aiea dovrebbe tenersi lunedì. Le reazioni internazionali sono apparse ieri tutte improntate alla prudenza. Nelle ore immediatamente successive all’attacco all’Iran, Benjamin Netanyahu ha avuto una telefonata sia con Emmanuel Macron che con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier britannico Keir Starmer. Il presidente francese ha dichiarato che «la Francia ribadisce il diritto di Israele di difendersi e garantire la propria sicurezza».
L’ESCALATION
Merz ha concordato pubblicamente che «Israele ha il diritto di difendere la propria esistenza e la sicurezza dei propri cittadini», ma ha anche sottolineato che entrambe le parti devono astenersi da qualsiasi azione che possa portare a un’ulteriore escalation e destabilizzare la regione. Starmer ha ribadito il diritto all’autodifesa di Israele, ma ha sollecitato un’immediata de-escalation. Sulla stessa linea la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha esortato tutte le parti a «esercitare la massima moderazione». Ma l’attenzione internazionale si concentra ora sulla posizione della Russia. Il presidente Vladimir Putin ha definito l’attacco «categoricamente inaccettabile» e, in una conversazione telefonica con Netanyahu, ha sollecitato il ritorno a una «via diplomatica» per affrontare la questione nucleare. Si è spinto fino a offrire la propria mediazione, affermando di essere pronto a mantenere un canale di comunicazione aperto con entrambe le parti per «evitare una catastrofe regionale».