Ucraina, gli “opportunisti” del G20 ​strizzano l'occhio a Mosca

Ucraina, gli “opportunisti” del G20 strizzano l'occhio a Mosca
di Erminia Voccia
Venerdì 22 Aprile 2022, 00:00 - Ultimo agg. 23 Aprile, 12:01
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Un G20 frammentato e non in grado di rispondere alle sfide e alle crisi globali di questi difficilissimi tempi. Da una parte, i Paesi che condannano l’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina; dall’altro, le nazioni che professano la neutralità ma finiscono per agevolare i disegni del presidente russo Vladimir Putin. Il “Gruppo dei 20” è il più importante forum di cooperazione economica e finanziaria a livello globale. Gli incontri si svolgono ogni anno e vi partecipano le venti economie più forti del pianeta, quindi Canada, Italia, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti (vale a dire i Paesi del G7), i Paesi del gruppo “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), e anche Arabia Saudita, Australia, Argentina, Corea del Sud, Indonesia, Messico e Turchia. A questi va aggiunta inoltre l’Unione Europea. La totalità di questi Stati rappresenta oltre l’80% del Pil globale e il 60% della popolazione mondiale. Il summit del G20 delle Finanze del 20 e 21 aprile a Washington è stato il primo di questo genere da quando è iniziata la guerra in Ucraina. Doveva essere l’occasione per discutere di questioni urgenti per l’economia mondiale, come l’aumento dei prezzi dell’energia, l’evoluzione della pandemia, l’insicurezza alimentare dovuta alla guerra in Europa, tematiche che necessitano di una risposta forte, tempestiva e multilaterale.

E invece è stato teatro dell’inevitabile spaccatura tra membri del G7 e Paesi BRICS, più inclini ad appoggiare la Russia. Quando il ministro delle finanze di Mosca, Anton Siluanov, ha preso la parola, il segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, e il suo omologo ucraino, Serhiy Marchenko, invitato speciale, si sono alzati e hanno lasciato la sala, seguiti da diversi ministri e governatori delle banche centrali, come il presidente della Bce, Christine Lagarde. Altri, collegati in videoconferenza, hanno spento le telecamere. Anche il commissario europeo per gli Affari Economici, Paolo Gentiloni, ha abbandonato il meeting. I membri del forum economico BRICS, quelli del gruppo nato nel 2006 come alternativa al G7 e indicati allora come economie emergenti, ancora adesso costituiscono più del 40% della popolazione mondiale e quasi un quarto del Pil globale. A differenza dei Paesi del G7, uniti nell’imporre sanzioni a Mosca per isolarla dal sistema finanziario globale, queste nazioni hanno risposto in maniera a dir poco tiepida all’aggressione russa dell’Ucraina. Neanche a dirlo, Brasile, Arabia Saudita, India e Cina non hanno aderito alle sanzioni. Ma lo stesso ha fatto anche la Turchia, salvo disporre il blocco parziale del Bosforo dei Dardanelli. Il Brasile, in seno alle Nazioni Unite, ha espresso preoccupazione per la situazione umanitaria senza però definire l’azione di Mosca un’aggressione militare. Il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, appena prima dell’invasione, aveva confermato la propria solidarietà a Putin, e successivamente ha difeso la scelta di restare neutrale.

Sudafrica, Cina e India si sono invece astenuti dal votare le risoluzioni Onu di condanna alla Russia. Al contrario delle economie occidentali, Brasile, India, Cina e Sudafrica hanno inoltre sostenuto la partecipazione della Russia alla piattaforma G20.  

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A dimostrazione che, nonostante il tentativo di isolamento internazionale, Mosca, già esclusa dal G8 per l’annessione della Crimea, conta comunque diversi amici tra i G20. Anche l’Indonesia, dove a novembre si terrà il prossimo summit, preferisce restare neutrale nei rapporti con Putin. Giacarta, a cui spetta la presidenza di turno del G20 per l’anno in corso, è intenzionata a non escludere dall’incontro di Bali il presidente russo. «È un dovere invitare tutti», hanno affermato dal Ministero degli Esteri indonesiano. E non sembra un caso che il presidente del Paese asiatico, Joko Widodo, in un tweet scritto appena dopo il lancio dell’offensiva russa, abbia chiesto lo stop alle ostilità senza tuttavia attribuire alcuna responsabilità esplicita a Mosca. In seguito, l’Indonesia si è unita ai Paesi che hanno condannato apertamente la Russia in sede Onu. Ma alla domanda relativa alle accuse di crimini di guerra commessi dalle truppe russe in Ucraina, il portavoce del Ministero degli Esteri indonesiano ha risposto: «Sono accuse che vanno verificate da un’indagine indipendente». E mentre tante nazioni hanno imposto sanzioni economiche a Mosca, a Giacarta considerano una buona opportunità acquistare petrolio russo a buon mercato. L’impresa statale Pertamina sta infatti pensando di iniziare a comprare greggio dalla Russia. Ma tra i due Paesi esiste già una solida e longeva partnership militare: Mosca ha venduto più di 2,5 miliardi in armamenti a Giacarta negli ultimi 30 anni. E come dimenticare la grande intesa tra il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e Putin mostrata al summit del G20 a Buenos Aires del novembre 2018, appena dopo l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Bin Salman era stato invitato nonostante le atrocità commesse in Yemen da Riad e le accuse di aver ordinato l’assassinio del dissidente. Fu il batti il cinque più tetro della storia. Dunque, il prossimo incontro del G20 previsto a Bali il prossimo novembre, non diversamente da quello delle Finanze di Washington, non sembra promettere bene. E come notava la scorsa settimana su Asia Nikkei James Crabtree dell’International Institute for Strategic Studies di Singapore: «Il meeting di Bali potrebbe riflettere la nuova realtà, ossia un ordine internazionale disfunzionale in cui l’Occidente si pone contro Cina e Russia, mentre tutte le altre economie emergenti del mondo restano goffamente incastrate in questo scontro». 

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