Ucraina, la mossa della Nato: già 145mila uomini nel fortino Usa tra Est Europa e Baltico

Ucraina, la mossa della Nato: già 145mila uomini nel fortino Usa tra Est Europa e Baltico
di Gianandrea Gaiani
Giovedì 17 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:50
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Il rafforzamento della presenza di truppe e mezzi europei e americani in alcuni stati membri della Nato confinanti con l'Ucraina, la Bielorussia e la Russia si è accentuato nelle ultime settimane ma rappresenta una costante fin dal 2014, quando in seguito ai fatti del Maidan a Kiev si insediò un governo ostile a Mosca che rispose annettendosi la Crimea e sostenendo i secessionisti del Donbass. Le piccole repubbliche Baltiche del resto sono sempre state le cenerentole della Nato, non in termini di percentuale del pil dedicata alla spesa militare (che risulta tra le più alte in Europa), ma in termini di risorse complessive e quindi di mezzi e forze disponibili. Pur disponendo di piccoli eserciti ben addestrati (che hanno partecipato alle operazioni in Afghanistan e inviato consiglieri militari per assistere l'esercito ucraino), le repubbliche Baltiche non esprimono capacità navali da combattimento e non dispongono di aerei da caccia in grado di pattugliare lo spazio aereo e i confini. Per questo fin dal loro ingresso nell'Alleanza Atlantica hanno potuto contare sull'invio di reparti di caccia da parte di tutti i maggiori alleati (Italia inclusa) che si alternano a rotazione nella protezione dei cieli baltici. 

L'accentuarsi della crisi con Mosca ha indotto la Nato a varare nel 2016 un programma di presenza di forze terrestri in tutti i tre stati baltici nota come enhanced Forward Presence (eFP) che contempla lo schieramento di tre Battlegroup più un quarto schierato in Polonia composti da compagnie di militari provenienti da diversi paesi. Il Battlegroup in Estonia conta 1.200 militari guidati dai britannici con componenti danesi, francesi e norvegesi, quello schierato in Lettonia è a comando canadese (1.500 militari) con reparti italiani, cechi, albanesi, islandesi, polacchi, spagnoli, slovacchi e sloveni mentre quello schierato in Lituania con 850 militari vede alla testa i tedeschi con reparti belgi, cechi, olandesi, Islandesi, lussemburghesi e norvegesi.

Si tratta nel complesso di circa 4mila militari schierati nelle Repubbliche Baltiche inclusi il personale dell'Aeronautica che prendono parte alla Baltic Air Policing che vede schierati una dozzina di caccia F-16 belgi, polacchi e danesi sulle basi di iauliai (Lithuania) e Ämari (Estonia) a cui si stanno per aggiungere 4 F-16 danesi, coordinati da un centro operativo aereo (Combined Air Operation Centre) situato a Uedem, in Germania. Nei porti baltici vengono spesso ormeggiate le navi che i paesi Nato hanno concentrato come deterrente alla crisi in atto. 

In Polonia è presente un battlegroup terrestre con mille militari a guida statunitense con unità fornite anche da Croazia, Romania e Gran Bretagna ma Varsavia non può certo essere considerato un partner debole dell'Alleanza allineando, tra l'altro, la più consistente forza corazzata europea con ben 750 carri armati: una flotta che verrà presto rinnovata con 250 tank americani M1A2 Abrams recentemente ordinati. Nonostante la consistenza delle forze polacche i militari statunitensi schierati nel paese sono aumentati da 5mila a oltre 9mila in parte a conferma della volontà di Washington di rafforzare i partner orientali della Nato e in parte per l'emergenza legata al conflitto ucraino che hanno indotto gli Usa a inviare in Polonia anche 16 aerei da combattimento F-15.

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La presenza di forze americane è sensibile, pur se più di carattere stanziale e meno legata al conflitto ucraino, anche in Romania e Bulgaria, nazioni esposte dalla crisi in atto perché si affacciano sul Mar Nero ma anche perché la Romania confina con l'Ucraina e confina con la Moldova che potrebbe trovarsi coinvolta nel conflitto a causa della Transnistria, repubblica russa schiacciata tra Moldova e Ucraina e che potrebbe venire raggiunta dalle forze di Mosca che avanzano in Ucraina meridionale. In Romania sono presenti 8 caccia F-16 e un migliaio di militari americani nella base aerea di Mihail Kogalniceanu, secondo alcune fonti quasi raddoppiati nelle ultime settimane, e sono attesi 500 francesi inseriti nella Nato Response Force, istituita con 40mila militari dotati di mezzi terrestri, navi e aerei per far fronte a emergenze improvvise. Aerei da combattimento alleati aiutano l'aeronautica di Bucarest, dotata di velivoli obsoleti, a sorvegliare il suo spazio aereo. Tra questi vi sono attualmente 8 caccia Typhoon italiani e 6 aerei tedeschi dello stesso tipo. La Bulgaria ha invece scelto di limitare la presenza di militari alleati sul suo territorio a circa 250, per metà statunitensi, all'interno di un battlegroup composto per lo più da soldati bulgari. Gli Stati Uniti utilizzano in Bulgaria quattro basi e vi mantengono a rotazione circa 2mila militari. Nelle basi navali rumene e bulgare attraccano regolarmente le unità navali dei diversi paesi Nato che pattugliano il Mar Nero tenendo d'occhio la flotta russa impegnata nelle operazioni intorno al porto ucraino di Odessa. Negli ultimi anni la presenza di flotte alleate nel Mar Nero è cresciuta esponenzialmente con esercitazioni che hanno coinvolto anche le marine di Ucraina e Georgia, entrambe nazioni che hanno chiesto di aderire alla Nato. Nel 2021 l'esercitazione Sea Breeze, considerate dalla Russia una provocazione, ha visto impegnati 5 mila militari, 32 navi da guerra e 40 aerei ed elicotteri provenienti appartenenti a 30 nazioni. In Bulgaria sono arrivati anche due aerei olandesi F-35 che potrebbero salire a 8 e che affiancano 4 caccia Typhoon spagnoli con 130 militari nel rafforzare le limitate capacità dell'aeronautica bulgara. 

Ungheria e Slovacchia, pur trovandosi ai confini ucraini, hanno preferito evitare la presenza di reparti militari Usa o Nato sul loro territorio rifiutando anche di far transitare sul loro territorio le armi donate da molte nazioni all'esercito ucraino e trasferite in Polonia prima di consegnarle alle forze di Kiev. Il dispositivo militare della Nato a est continua progressivamente a potenziarsi. Con i rinforzi in arrivo dagli Usa in termini di truppe e aerei (tra cui 4 bombardieri B-52 in Gran Bretagna e 6 caccia F-35 in Germania) le forze statunitensi in Europa si avvicinano alle 100 mila unità. Anche diverse nazioni europee hanno messo in allarme altri mezzi e reparti da inviare a oriente in a caso di ulteriore escalation del conflitto. La Nato Response Force ha la sua punta di diamante nei 5 mila militari della Very High Readiness Joint Task Force, che può essere operativa entro 72 ore e di cui fanno parte anche reparti della Brigata Sassari. Militari che in caso di escalation della crisi si aggiungerebbero ai 240 alpini schierati in Lettonia e ai 140 dell'Aeronautica basati in Romania. 

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