Usa 2020, “referendum” su Trump: che volto avrà l’America di domani?

Usa 2020, “referendum” su Trump: che volto avrà l’America di domani?
di Luca Marfé
Lunedì 2 Novembre 2020, 08:00 - Ultimo agg. 20:45
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Un “referendum” su Donald J. Trump.

È così che si potrebbero stringare in maniera definitiva queste storiche elezioni americane.

Un “pro o contro” uno dei presidenti più discussi e più divisivi dell’intera storia a stelle e strisce.

Un “dentro o fuori” cui mancano oramai una manciata di ore.

C’è però un primo dato: quasi cento milioni di persone hanno votato già. Tra loro, lo stesso tycoon, in Florida. E proprio per la Florida, “Stato in bilico” per eccellenza, passa uno dei grandi crocevia della sfida con Joe Biden. Vincere qui significherebbe vincere.

Lo scacchiere è certamente più vasto e lo sa bene proprio Trump che nelle ultime settimane lo ha infiammato tappa dopo tappa così come avrebbe fatto una rockstar: Arizona, Michigan, Nebraska, New Hampshire, North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Wisconsin e Florida, appunto.

Assai più prudente Biden che a Tampa (FL) c’era, ma che si è reso protagonista di molte meno uscite e che quasi spera di tenere il pilota automatico inserito per un giorno ancora, mentre il suo avversario si schianta contro il muro dei suoi stessi errori.

Sulla complessità di quattro anni densi e turbolenti e sui tanti temi toccati tra comizi, dibattiti e social, su tutto quanto il resto in generale insomma, prevalgono due elementi enormi

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Dal lato di Trump, l’economia. Con tutti i record che era possibile infrangere…infranti. Accartocciata poi dall’apocalisse 2020. Tornata proprio in queste ore a ruggire di un surreale +33,1% (dato annualizzato del terzo trimestre, nel secondo c’era stato un crollo del -31,4%, sono le due rilevazioni rispettivamente migliori e peggiori dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi).

PIL e occupazione, dunque, più che pronti per ripartire, ripartiti già. Un grosso colpo, eppure un unico rimpianto per il diretto interessato: peccato per The Donald, penalizzato in questo caso dal voto anticipato.

Dal lato di Biden, il coronavirus. Con tutte le cautele, con tutte le prudenze e con tutte le raccomandazioni, di sicuro promosse, in un certo qual modo persino ostentate. Il punto vero della strategia democratica, però, è un altro: dare la colpa a Trump. Il Covid contro il presidente che non è stato in grado di gestirlo. Fino a farlo capitolare, fino a cacciarlo dalla Casa Bianca. Il dopo conta poco o nulla: dopo si deciderà se chiudersi in lockdown o se rischiare la normalità; dopo si deciderà se estrarre carbone e petrolio o se abbracciare definitivamente la green economy; dopo si deciderà se stare dalla parte della polizia e dell’ordine o se sposare a oltranza le cause dei manifestanti. Dopo. Ora bisogna vincere. E il virus è, tra virgolette, l’arma perfetta.

“In bilico” non ci sono solo alcuni Stati, ma c’è un destino e un’idea di Stati Uniti completamente diversi. A cascata, infine, ci sono di riflesso gli equilibri del mondo intero.

Trump sì, Trump no?

La tempesta contro la quiete.

Che volto avrà l’America di domani?

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