Cervelli del Sud in fuga, tasse zero per chi torna a casa

Cervelli del Sud in fuga, tasse zero per chi torna a casa
di Francesco Pacifico
Venerdì 3 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:59
4 Minuti di Lettura

Non più soltanto docenti universitari e grandi manager «scappati» all'estero. Nel decreto crescita il governo - ma varrà soltanto dall'anno prossimo - ha ampliato ed esteso lo sgravio fiscale per i cervelli e le braccia che rientrano in Italia o gli stranieri che scelgono il Belpaese per vivere e produrre ricchezza: per tutti loro l'Irpef si pagherà soltanto sul 30 per cento dei redditi dichiarati (su una quota del 10 per cento per professori e ricercatori). Soprattutto il benefit viene applicato a tutti i lavoratori e a tutti gli imprenditori che hanno passato fuori dai confini patri gli ultimi due anni e sono pronti a non ripartire per un altro biennio. C'è poi una riduzione ulteriore - con l'imponibile che scende al 10 per cento - per chi sceglie di risiedere nelle regioni del Mezzogiorno.
 
Ma le nuove condizioni non vengono estese a quelli che hanno già fatto ritorno a casa. Sono diecimila dal 2010, dei quali il 15 per cento in Campania. Tanto che il coordinamento Controesodo sta facendo pressioni in Parlamento per modificare il decreto e già minaccia di ricorrere alla magistratura.

Per la cronaca, lo stesso sgravio introdotto nel 2015 era del 50 per cento e riguardava soltanto i laureati e chi sedeva nelle aziende o nelle grandi organizzazioni in posizioni apicali. Ma in tempi di Brexit, l'Italia, come gli altri Paesi europei, deve mostrarsi più generosa se vuole intercettare competenze e aziende in uscita dal Regno Unito. La Germania, per esempio, ha garantito alle banche che lasciano la City per la capitale finanziaria tedesca, Francoforte, anche affitti agevolate per i futuri quartier generali e servizi alle famiglie dei manager. Come detto, il provvedimento inserito nel decreto crescita garantisce a chi «trasferisce la residenza nel territorio dello Stato» uno sgravio fiscale per almeno cinque anni. Che sale a dieci se il lavoratore o l'imprenditore hanno almeno un figlio a carico o comprano casa sul nostro territorio. Le famiglie con tre minori vedono l'esenzione salire al 90 per cento. Stessa percentuale viene concessa a chi va a vivere in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

Fin qui le note positive. Perché l'attuale esecutivo, a differenza di quanto fece il governo Renzi nel 2015, ha deciso di non estendere i nuovi benefici fiscali ai soggetti che sono già rientrati negli anni precedenti. I quali, di conseguenza, si vedranno cancellare lo sgravio (in estrema sintesi, sulla metà dell'Irpef da pagare) entro il 2020. Racconta Davide Morando, responsabile degli acquisti di una multinazionale del food and beverage: «Io sono rientrato nel 2016, a spingermi sono state sia l'agevolazione fiscale sia la voglia di tornare a lavorare per il mio Paese. Ho comprato casa, ho portato i bambini piccoli dal Paese dove vivevo, l'Olanda, tra l'altro ho avuto condizioni peggiorative rispetto a chi rientra ora e adesso scopro che dal 2020 mi ritroverò a pagare circa 3mila euro netti di tasse al mese in più. Se il decreto non cambia, a questo punto non mi resta che riconsiderare la mia vita e ricercare di nuovo un lavoro all'estero». Aggiunge Michele Valentini, alla testa del coordinamento «Controesodo»: «Ci hanno detto che estendere il regime di vantaggio a chi è già rientrato comporta una spesa di circa 88 milioni, ma a noi risulta che l'operazione sia invece a costo zero. Non vorremmo dover ricorrere alla giustizia per avere ragione».

In realtà, dietro le quinte, alcuni parlamentari come il leghista Alessandro Pagano e il pd Massimo Ungaro si accingono a presentare emendamenti correttivi per estendere per altri cinque anni il nuovo bonus fiscale a chi è già rientrato, ma a patto che abbia comprato casa e abbia a carico figli minori. Resterebbero esclusi i single e chi vive in affitto. Spiega al riguardo Ungaro, che ha passato gli ultimi 13 anni tra Londra, Parigi e New York per motivi di studio e di lavoro: «Nell'anno della Brexit, quando si tenta di far arrivare in Italia nuovi cervelli e nuove competenze, sarebbe controproducente spingere i nostri lavoratori già tornati ad abbandonare l'Italia. Serve fare uno sforzo in più».

Piccola beffa poi per quegli italiani rientrati negli anni scorsi, che lo scorso anno si sono visti recapitare dall'Agenzia delle entrate una lettera che ha comunicato loro sia l'apertura di un contenzioso sia la richiesta di restituire il benefit fiscale percepito nelle annualità precedenti.

Per la precisione sono stati aperti 9.600 accertamenti contro soggetti non iscritti all'Aire, che nel 10 per cento hanno portato a una sanzione media di cieca 7.600 euro. Il decreto Crescita congela queste cartelle, ma testualmente esclude il «rimborso delle imposte versate dai contribuenti in forza di adempimento spontaneo». Tradotto, chi ha pagato, dovrà dire addio a quei soldi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA