Crescita, Conte frena sulle misure di Tria: è scontro sulla flat tax

Crescita, Conte frena sulle misure di Tria: è scontro sulla flat tax
di Andrea Bassi
Lunedì 18 Marzo 2019, 07:00 - Ultimo agg. 09:44
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Il tempo stringe. Il dieci aprile, la data prevista per la pubblicazione del Documento di economia e finanza con le stime aggiornate sui conti pubblici, si avvicina. Il Tesoro spinge perché le misure per la crescita elaborate da Giovanni Tria trovino posto nel decreto sblocca-appalti che il governo dovrebbe approvare mercoledì, anche se, al momento, Palazzo Chigi sarebbe orientato a non inserire nel provvedimento il «pacchetto-Tria». Oggi sotto la regia del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si riuniranno i tavoli tecnici ai quali prenderanno parte anche i rappresentanti delle imprese e dei sindacati. Il mondo produttivo, in realtà, era stato ascoltato anche da Tria prima della stesura e della trasmissione a Conte e ai ministri, della sua bozza con 35 misure necessarie a spingere il Pil nella seconda parte dell'anno dopo il deludente avvio del 2019. Al ministero dell'Economia sono convinti della necessità di una nuova narrazione da presentare non solo all'Europa, ma soprattutto ai mercati e alle agenzie di rating, che hanno iniziato a guardare con crescente interesse (e preoccupazione) all'appuntamento di aprile. Senza interventi, nel Def il governo sarebbe costretto a certificare la necessità di una manovra correttiva dei conti pubblici, che potrebbe essere ben superiore ai 10 miliardi di euro fin qui preventivati.
 
Tra le fila dell'esecutivo c'è anche una scuola di pensiero che riterrebbe possibile far slittare fino a settembre l'indicazione del cosiddetto «quadro programmatico», ossia i numeri sull'andamento dell'economia ipotizzati dal governo a valle dei sui interventi di politica economica. Secondo Tria sarebbe un rischio troppo elevato. Da qui all'autunno ci sono una serie di incognite da affrontare, dalle elezioni europee all'esito della Brexit. E ci sono i giudizi delle agenzie di rating sull'Italia che sono ancora sospesi. Non indicare il quadro programmatico, insomma, porterebbe l'Italia in una terra incognita. Sull'altro piatto della bilancia, però, ci sono le esigenze politiche della maggioranza di governo. In vista delle elezioni di maggio la competizione tra la Lega e i Cinque Stelle di è acuita. Luigi Di Maio ha bisogno di intestarsi dei risultati concreti del governo, fino ad oggi appannaggio soprattutto di Matteo Salvini. Per questo intende porre ben evidente sul decreto sblocca-cantieri il marchio del Movimento. Una mossa alla quale Salvini ha risposto rispolverando il vecchio cavallo di battaglia della flat tax, la tassa piatta al 15%. Ieri il leader della Lega, parlando oggi a Melfi, in provincia di Potenza (la settimana prossima in Basilicata si vota), ha rilanciato l'idea di avviare il taglio delle tasse già nel 2019 per le famiglie. Ci lavoriamo, ha detto Salvini, «giorno e notte». Di Maio ha subito messo i paletti. Va bene la flat tax, ha detto, «ma no promesse alla Berlusconi».

Al ministero dell'Economia è stato anche già messo a punto un dossier sui possibili costi della misura. Nell'ipotesi di simulazione si fa riferimento ad una flat tax che prevede una deduzione di 3 mila per ciascun componente del nucleo familiare con reddito fino a 35 mila euro mentre per i redditi superiori ai 50 mila euro all'anno, sempre secondo la simulazione, non sarebbe prevista alcuna deduzione. Il testo fa riferimento ad una duplice aliquota: del 15% fino a 80 mila euro di reddito e del 20% per i redditi eccedenti tale soglia. La misura, si legge nel documento, favorirebbe un numero di nuclei familiari pari a 16,4 milioni mentre il vantaggio medio familiare sarebbe di circa 3600 euro. La flat tax, con questa ipotesi a due aliquote sul reddito familiare, avrebbe un costo di 59,3 miliardi. Un costo, secondo i tecnici del ministero, troppo elevato. Il sottosegretario Armando Siri, padre della flat tax leghista ha persò detto che quella non è la proposta del Carroccio. Quest'ultima costerebbe solo 12 miliardi.

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