Salvini scarica FI, l'ira di Berlusconi: Matteo aveva già deciso tutto

Salvini scarica FI, l'ira di Berlusconi: Matteo aveva già deciso tutto
di Marco Conti
Sabato 24 Marzo 2018, 07:30 - Ultimo agg. 07:34
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Mastica amaro per tutta la serata Silvio Berlusconi per quello che l'alleato Matteo Salvini definisce «uno scherzetto per ravvivare una giornata un po' noiosa». Poi, a tarda sera, la reazione del Cavaliere ancor più dura del comunicato pomeridiano: «Si vota Romani». Margini per rimettere insieme la coalizione restano aperti solo nelle parole cone le quali Giancarlo Giorgetti replica alle bordate di Palazzo Grazioli che definisce il voto alla Bernini «un atto ostile». 

Frasi concilianti da parte del numero due della Lega che però non spostano Berlusconi «Il nostro candidato resta Romani», fa scrivere il Cavaliere in una nota che esce dal «gabinetto di guerra» riunito a palazzo Grazioli subito dopo l'ultimo vatazione a palazzo Madama.

Lo strappo tra FI e Lega si consuma al momento della seconda chiama di senatori, quando dai banchi di FI il senatore di Velletri Antonio Saccone si accorge che i colleghi della Lega impiegano troppo tempo dietro le tendine per votare scheda bianca. E infatti non lo fanno. Alla fine risultano 57 i voti del Carroccio in favore dell'ex ministro di FI che in serata va a palazzo Grazioli e poi comunica di essere indisponibile ad essere la candidata di altri. L'asse Di Maio-Salvini riesce a sparigliare i giochi del Cavaliere. Sulla graticola finisce Paolo Romani, che i 5S non vogliono, ma anche la Bernini. «Ma come, gli ho portato l'intesa su un piatto d'argento! Noi e 5S pronti a votare la Bernini. Non la vuole perchè ci accusa di lesa maestà? Votiamo un altro, come la Casellati», sostiene Salvini.
 
Nel partito azzurro la tensione è fortissima e l'ira del Cavaliere si accompagna ai tentativi dei parlamentari azzurri del Nord di tenere insieme l'alleanza. Ciò fa aumentare i sospetti di coloro che sin da subito si sono chiesti «perché impallinare la Bernini e non la Casellati? Forse perché vicina a Ghedini e alla Lega?». Lo sconcerto per essere stati scavalcati dall'alleato si trasforma in rabbia e alimenta le ipotesi più fantasiose per rendere «pan per focaccia» a Salvini al momento del voto a Montecitorio. Sino a notte inoltrata si ragiona sulle mosse da fare. Se rilanciare la Bernini, spostarsi sulla Casellati, su un terzo nome. Alla fine si decide di rimanere alla decisione presa dai leader della coalizione - Salvini, Berlusconi e Meloni - nell'ultima riunione: Romani.

Contatti febbrili che al telefono coinvolgono tutti i leader della coalizione con Giorgia Meloni che prova a spegnere gli ardori mentre Fabio Rampelli propone di rinviare le votazioni di questa mattina. Dal canto suo Salvini, parlando con i suoi, si mostra tranquillo e sicuro di aver scongiurato, con la mossa di ieri pomeriggio, un possibile accordo tra Pd e 5S. «Non volevano cambiare candidato e l'ho fatto io», rivendica colui che dopo Pasqua tutto il centrodestra dovrebbe indicare come candidato per palazzo Chigi.

Forza Italia però non ci sta e tiene ferma la candidatura di Romani che potrebbe ricevere voti più o meno sparsi anche dal Pd. Comunque vada l'alleanza è in frantumi e ora toccherà nuovamente a Salvini dire da che parte stare. Se con il centrodestra o stringere l'intesa sulle presidenze delle Camere con il M5S aprendo la strada ad un «governicchio» sovranista, Lega-M5S, di pochi mesi che, cancellati i vitalizi e rivista la legge elettorale, potrebbe riportare al voto il Paese in pochi mesi. D'altra parte le differenti strategie interne al centrodestra erano destinate prima o poi ad esplodere. Berlusconi, che anche ieri ha chiamato Dario Franceschini, continua a guardare al Pd per cercare di mettere su un governo in grado di stabilizzare la legislatura. Salvini non vuole alleanze con il Pd e punta diritto al voto nella convinzione di poter lanciare l'ultima e definitiva opa su tutto il centrodestra. Una differente prospettiva destinata a riemergere forse anche nelle votazioni di oggi e certamente al momento delle consultazioni al Quirinale.
Lo stallo non può non preoccupare il Quirinale che ieri ha seguito più che l'andamento delle votazioni lo scontro tra i partiti e la spaccatura interna al centrodestra che rischia di complicare ancor più il lavoro del presidente della Repubblica.
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