Migranti, Roma gela la Ue: no al piano ricollocamenti

Migranti, Roma gela la Ue: no al piano ricollocamenti
di Alberto Gentili
Domenica 13 Gennaio 2019, 09:00 - Ultimo agg. 15:43
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Non sarà una passeggiata di salute la trasferta di Dimitri Avramopoulos nella Capitale. Domani il commissario europeo all'immigrazione si ritroverà alle 9 del mattino Giuseppe Conte che a palazzo Chigi gli chiederà di redistribuire in Europa i migranti sbarcati in estate a Pozzallo e Catania. E poco più tardi al Viminale, Avramopoulos riceverà da Matteo Salvini un elenco «con nomi e cognomi» degli immigrati da ricollocare.

«Perché è evidente e indiscutibile», avverte il ministro dell'Interno, «che da Malta non arriverà nessuno di quelli sbarcati mercoledì dalla Sea Watch e Sea Eye, se prima gli Stati europei non si prendono coloro che in estate si erano impegnati ad accogliere». «Tanto di tempo ce n'è in abbondanza», aggiungono al Viminale, «solo per completare le pratiche di riconoscimento di chi è approdato mercoledì a Malta passeranno settimane, se non mesi...».
 
Avramopoulos ha fatto sapere di essere «pronto ad ascoltare le richieste italiane» e a discutere «delle misure supplementari che possono essere prese per regolare il problema». Ma quello che ha in mente il commissario europeo non è ciò che vuole ottenere il governo italiano. La Commissione di Bruxelles, in attesa delle riforma complessiva del regolamento di Dublino che scarica sul Paese di prima accoglienza (Italia, Spagna, Grecia, Malta, Francia) tutto il peso dei flussi migratori, vorrebbe introdurre un «meccanismo temporaneo e prevedibile» per la gestione degli sbarchi. Bruxelles, insomma, vorrebbe stilare una lista di Paesi volenterosi che si dichiarino disposti ad accogliere i migranti che verranno soccorsi in mare. L'obiettivo: evitare, come accade ormai da mesi, che di fronte alla prossima nave delle Ong carica di migranti si scateni lo stesso dramma e l'identico psicodramma. Con i profughi in ostaggio per giorni e giorni sulle navi e la Commissione alla disperata ricerca di Paesi disposti ad accoglierli.

Una soluzione per Salvini «inaccettabile». Perché vorrebbe dire inserire l'Italia nell'elenco dei volenterosi: «Da noi, invece, non sbarcherà più nessuno». E perché creare un meccanismo automatico di accoglienza e di redistribuzione «significherebbe mandare il segnale che l'Europa riapre i confini, dando di fatto il via libera ai trafficanti». Una posizione condivisa dal premier maltese: «Quello che accade oggi non è e non deve costituire un precedente», ha detto mercoledì Joseph Muscat nel momento in cui ha dato il via libera allo sbarco dei 49 profughi per 19 giorni rimasti a bordo della Sea Watch e Sea Eye.

Anche Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, su posizioni decisamente più morbide di quella di Salvini, non sono disposti ad accettare il meccanismo temporaneo e prevedibile su cui lavora Avramopoulos. Il premier perché deve fare i conti con il niet di Salvini e con la rivolta di parte della base 5Stelle che non ha gradito il via libera di palazzo Chigi ad accogliere (in una chiesa Valdese) una decina dei migranti approdati a Malta. Tant'è, che il giorno dopo Conte ha dovuto registrare un video per dire: «La linea del rigore non cambia, ciò che è accaduto è un fatto eccezionale».

E il ministro degli Esteri è contrario al meccanismo, in quanto «così si rischia di creare un fattore di attrazione» dei flussi, favorendo Ong e trafficanti di esseri umani. Per evitare questo rischio, Moavero propone «un intervento su tre livelli». Il primo è «una forte azione nei Paesi d'origine con investimenti europei che migliorino la situazione socio-economica e quindi disincentivino le partenze» dall'Africa. Il secondo è «la lotta ai trafficanti non solo in mare, ma anche in tutto l'itinerario dei flussi». E il terzo livello «è la piena e integrale condivisione degli oneri dell'accoglienza», dall'ospitalità al riconoscimento, dallo screening ai rimpatri, tra gli Stati europei che si dichiarano disponibili a ricollocare i migranti sbarcati in Italia e negli altri Paesi mediterranei dell'Unione. «I Paesi che invece si rifiutano devono partecipare almeno alla condivisione dei costi».

Vista la situazione, a Bruxelles vince il pessimismo.

Il mandato della Commissione è agli sgoccioli (a maggio si rinnova il Parlamento europeo) e dunque ha residue capacità di persuasione. In più, nessuno Stato in vista del voto europeo intende allargare le maglie dell'accoglienza. «Dunque al prossimo barcone», allargano le braccia nella capitale belga, «ci troveremo nella solita situazione drammatica. Con i migranti ostaggio a bordo delle navi e Avramopoulos costretto a formare, come è accaduto per la Sea Watch e la Sea Eye, una nuova lista di Stati volenterosi». Che poi sono più o meno sempre gli stessi: Germania, Francia, Spagna, Irlanda, Olanda, Portogallo e Italia, Malta. Otto su ventisette.

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