«Fisco, Pa e giustizia: bisogna cambiare così le scelte di spesa pubblica non durano»

«Fisco, Pa e giustizia: bisogna cambiare così le scelte di spesa pubblica non durano»
di Nando Santonastaso
Domenica 16 Maggio 2021, 08:24 - Ultimo agg. 16:07
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Professor Quadrio Curzio, si può dire che senza le riforme l'effetto del Pnrr sarebbe pressoché vanificato?
«Assolutamente sì risponde Alberto Quadrio Curzio, economista e già presidente emerito dell'Accademia dei Lincei -. Senza riforme l'effetto dei finanziamenti ci sarà ma durerà poco perché sarà effetto solo da domanda. Cioè, aumenterà la domanda interna e questo determinerà una certa crescita perché quando si immettono delle risorse in un sistema si verifica sempre un effetto moltiplicativo. Ma ciò sarà possibile al massimo per un paio di anni. Poi l'effetto si smorzerà perché le riforme assicurano la necessaria durata alle scelte di spesa pubblica. Non dobbiamo illuderci ad esempio che nel secondo semestre di quest'anno ci sarà la ripresa vera e propria: sicuramente si ridurranno le restrizioni imposte dalla pandemia e inoltre arriveranno i primi 13 miliardi del Next generation Eu. Ma, ripeto, questo durerà fino al 2023 e non basterà se poi le riforme e gli investimenti non verranno fatti nei tempi previsti. Il rallentamento della crescita sarà allora inevitabile».


Da quanto sta accadendo a livello politico in queste ultime ore sembra difficile che le riforme possano essere realizzate tutte o almeno in parte. Lei. Che idea si è fatto?
«Intanto ricordo che il Pnrr prevede diversi scenari a seconda se l'effetto delle riforme si realizzerà nel breve, nel medio o nel lungo periodo.

Vedremo dal 2023 in avanti se le riforme stanno marciando: in questo caso vorrebbe dire che gli investimenti andranno bene e oltre all'effetto domanda avremo anche quello dell'offerta».


Ma nello specifico, quale riforma pensa che taglierà per prima il traguardo?
«Premesso che non mi occupo di giustizia e dunque non saprei come risponderle su questa riforma, credo che sul fisco i tempi non saranno comunque brevi. Quelle fiscali sono sempre riforme piuttosto lente e complesse e in genere determinano un impatto di natura costituzionale: non a caso in Italia ce ne sono state solo due grandissime, nel secondo dopoguerra e all'inizio degli anni Settanta. Nel fisco servirà soprattutto molta manutenzione, in particolare per il recupero dell'evasione. È vero che ci sono stati interventi innovativi importanti in questi anni, penso alla fatturazione elettronica che sicuramente ha dato risultati positivi, ma la strada comunque mi sembra inevitabilmente lunga. Io credo che in una prima fase, fino al 2023, potremo vedere al via le riforme della semplificazione e della Pubblica amministrazione, non a caso strettamente correlate tra di loro e molto dettagliate nel Pnrr italiano. Poi fino al 2026, se tutto andrà bene, ci sarà il rilancio vero e proprio degli investimenti che interesseranno soprattutto il Mezzogiorno».


La convince l'impegno che il governo sta mettendo sin dal suo insediamento per recuperare il gap di efficienza della macchina amministrativa?
«Senza dubbio il lavoro che sta portando avanti il ministro Brunetta, a partire dal reclutamento, è significativo perché questo sforzo è propedeutico alla ripresa del Paese. Vede, l'Italia come tutti gli altri Stati membri, ha avuto le risorse europee non solo per reagire alla crisi imposta dalla pandemia ma anche per fare un balzo in avanti nella coesione e nell'innovazione europee. Sono fattori qualitativi quelli che caratterizzano il Next generation Eu: nel senso che non c'è solo una disponibilità di risorse ma anche una finalità specifica per utilizzarle. Ed è importante sottolineare che nel Pnrr italiano le riforme siano trasversali a tutte le sei le missioni previste proprio perché coesione e innovazione le richiedono per tutte le filiere. Non dimentichi del resto che verso l'Italia le raccomandazioni della Commissione europea non sono una novità perché ricalcano e accentuano quelle che già da anni sono state fatte proprio sulle grandi riforme».

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Modernizzare la macchina pubblica, migliorarne l'efficienza e la competenza assoluta sarà il primo, vero, obiettivo realisticamente possibile?
«Penso che anche considerando il ricorso ad una legiferazione tendenzialmente di urgenza, si andrà avanti in questo campo in maniera piuttosto sollecita, anche se l'inserimento dei processi digitali non sarà così immediato. Per non parlare del peso dell'impianto normativo del nostro Paese sulla Pubblica amministrazione, una selva che complica anche l'attività degli stessi dipendenti pubblici. Sicuramente non basteranno due o tre anni ma ce ne vorranno almeno 5 o 6. Lo stesso, come dicevo, vale anche per la semplificazione amministrativa: faccio fatica a vederle disgiunte queste due riforme, anche se al momento non ho visto ancora una declinazione operativa delle semplificazioni. Nodi come quello del Codice degli appalti che viene considerato frenante dovranno essere sciolti perché non si può immaginare un aumento di rischiosità degli appalti».


L'Europa sta esaminando il Pnrr italiano: lei crede che lo accetterà così com'è?
«Il Pnrr mi ha convinto molto. Ed è significativo che l'Italia lo abbia consegnato entro la scadenza prevista, pressando anzi la Commissione perché non venisse prorogato il termine del 30 aprile. È persino sembrato che fosse soprattutto la Commissione a sperare in una richiesta di tempi più lunghi. E questo dimostra con quanta fiducia l'Italia aspetti il via libera definitivo da Bruxelles».

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