Nella Lega il mood è questo ed è quello che spiega l’uscita di Salvini sui ministeri da spartirsi subito: «La Meloni vuole i posti importanti e crede di cavarsela lasciando il Viminale a Matteo, l’Agricoltura a Centinaio e qualche altro strapuntino». Il braccio di ferro è sui ministeri economici. Ovvero le casematte pesanti, sia in termini di spesa sia perché sono quelli in cui l’Italia a (eventuale) guida Giorgia Meloni si gioca la credibilità nazionale e internazionale, la sua compatibilità con le élites di Bruxelles e la sua rispettabilità presso i mercati.
I ministeri che Salvini insieme a Berlusconi non vorrebbe vedere, almeno non tutti, nelle mani dell’alleata-rivale sono quelli su cui Giorgia punta con particolare determinazione e al dossier sta lavorando da tempo insieme a Guido Crosetto. Non è passata inosservata la fitta conversazione, cordiale e non certo la prima, anzi c’è un’assiduità di dialogo, intrattenuta l’altra sera alla festa di compleanno di Rotondi dalla leader di FdI con Fabio Panetta: economista ultra-accreditato a livello mondiale, ex direttore generale del Tesoro, attuale membro del board della Bce.
Per l’Economia, la Meloni pensa - in modalità standing internazionale inattaccabile, anti-rischio impennamento dello spread - a Panetta ma anche a figure che pur non essendo Giulio Tremonti, difficile che torni in via XX Settembre e più probabile per lui un incarico del tipo guida della Consob, siano professori. Circola molto il nome, accreditato anche in ambienti draghiani, di un esterno a FdI, docente di Economia all’università di Foggia e alla Luiss: Cesare Pozzi. Una personalità, origini di Varese e di cui la leader della destra ha massima stima, poco nota fuori dai giri accademici e tecnici? Sì. Ma alla obiezione Giorgia replica: «Se i grillini e gli altri sono riusciti a mettere un perfetto sconosciuto a capo del governo, per due volte, cioè Conte, perché io non posso mettere Pozzi a via XX Settembre?».
Energia e industria: in hoc signo Descalzi. Oppure (improbabile Carlo Bonomi) Matteo Zoppas è in pole per il dicastero di Via Veneto, rampollo della dinastia degli elettrodomestici e già presidente degli industriali veneti, a oggi è figura di raccordo tra FdI e i piccoli imprenditori, che nel nord-est hanno sempre avuto la Lega come referente. Adesso FdI come «partito produttivista», e come partito che sul fronte bancario e dei grandi interessi industriali anche settentrionali (per il dicastero del Mezzogiorno in pole position Raffaele Fitto) ha lavorato moltissimo per accreditarsi, è quello che il Carroccio considera temibilissimo. E a cui non vuole lasciare troppo terreno nelle materie e nelle poltrone pesanti, facendo la figura del partito cadetto che si limita a inseguire gli immigrati.