In piazza i Sì Tav, i duri M5S chiudono la porta: «Non si tratta». Ed è duello sul referendum

In piazza i Sì Tav, i duri M5S chiudono la porta: «Non si tratta». Ed è duello sul referendum
di Simone Canettieri
Domenica 13 Gennaio 2019, 09:00 - Ultimo agg. 15:43
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TORINO - «Potenzieremo le linee e le infrastrutture già esistenti in quel quadrante, ma non possiamo arretrare, nemmeno sulla revisione del progetto o su mini-formule come dir si voglia». Luigi Di Maio sarebbe anche predisposto a trovare un'intesa con Matteo Salvini, come accaduto sempre finora, ma è consapevole della posta in gioco per il M5S. Soprattutto perché alla vigilia della manifestazione di Torino è stato proprio il suo gemello diverso Alessandro Di Battista a chiudere per sempre la faccenda alla prima uscita in tv dopo l'auto-esilio sudamericano. Dando così la linea politica: «La Tav non si deve fare e non si farà».
 
Un messaggio rivolto più alla compagine governativa del M5S che agli alleati della Lega. E non è un caso che, a stringere nella morsa No Tav Di Maio, esca anche Beppe Grillo, in vena di battute sulla mamma del leader del Carroccio, ma netto e serio sulla Torino-Lione. Un'altra pressione che non aiuta in questa fase il giovane capo del Movimento. «Luigi sarebbe per un accordo con Salvini - sussurra chi ha parlato con il leader M5S in queste ore ma capisce i rischi dell'operazione». Ecco perché il ruolo politico del premier Conte potrebbe tornare più che utile, per l'ennesima volta. In poche parole la mediazione con la Lega su un'opera fortemente rivista nella spesa e negli interventi potrebbe intestarsela lui, appena sarà nota l'analisi costi-benefici.

Uno schema già collaudato dunque per arrivare a questo scenario: Palazzo Chigi chiude su una versione più minimal possibile, Di Maio fino all'ultimo porta avanti una battaglia sul No, onde evitare di finire appunto schiacciato dalla base del MoVimento, pronta a schiumare rabbia per questa possibile nuova e definitiva giravolta, senza andare in rotta di collisione con Dibba.

«Figuriamoci se mi metto a fare l'anti-salviniano si schernisce il condottiero di piazza dei Giochi delfici io sto qui per dare una mano a mio fratello Luigi in vista delle europee». Tanto che domani i due sono attesi a Strasburgo per una serie di incontri top secret, sperando di conquistare il cuore dei gilet gialli.

Ma il problema No Tav incombe. E se Grillo e Di Battista spingono per chiudere qualsiasi pertugio, Di Maio in queste ore fa un tipo diverso di riflessione perché vede ben altro rischio concreto all'orizzonte: «Occorre evitare il referendum. A tutti costi».

L'esito di una consultazione al Nord è sotto gli occhi di tutti: vincerebbero i sì. E a quel punto i grillini non potrebbero che piegarsi, vista la venerazione assoluta che hanno per la democrazia diretta e per il coinvolgimento dal basso dei cittadini. Dunque, è il ragionamento di un big pentastellato, si «rischierebbe un cortocircuito pazzesco tra noi e i nostri principi, la base e la battaglie sui territori che portiamo avanti». In settimana è previsto un vertice a Palazzo Chigi ed è possibile una schiarita almeno sui tempi di divulgazione del dossier costi-benefici. L'analisi sull'opera è attesa per la fine del mese, secondo quanto ha annunciato il ministro Toninelli. Il premier, invece, ha genericamente «preso tempo per studiare».

Non tanto gli esami econometrici dell'opera, quanto invece i piani B e C per farne uscire indenne il governo.

Ecco perché in un'altra road map, ancora tutta da verificare, ma vagheggiata ieri in ambienti M5s dopo le foto e i video di Torino, ci sarebbe l'ipotesi di congelare la pratica a dopo le elezioni europee, cercando nel frattempo di allargare un referendum al resto del Paese, sapendo che così i tempi si diluirebbero. D'altronde, l'uscita di Toninelli «sui costi della Tav per sessanta milioni di italiani» porta proprio su questa strada.

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