Spread e manovra, la linea dura di Merkel e Juncker. E M5S e Lega litigano sulle banche

Spread e manovra, la linea dura di Merkel e Juncker. E M5S e Lega litigano sulle banche
di Marco Conti
Venerdì 26 Ottobre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 13:35
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Un'altra giornata con il fiato sospeso in attesa del verdetto che Standard&Poor darà stasera sul debito italiano. La preoccupazione che il giudizio di S&P possa essere più duro di quello di Moody's ha costretto ieri la diplomazia di palazzo Chigi a nuovo lavoro oltre oceano.

D'altra parte da giorni buona parte del governo le sta provando tutte per cercare di far abbassare lo spread. I toni del premier Conte e del ministro Tria sono da tempo più morbidi e via via preoccupati. Anche Salvini ieri ha rispettato la consegna mentre Di Maio ha invece scatenato i suoi contro Mario Draghi. Le parole del presidente della Bce, fiducioso per un'intesa Italia-Ue ma fermo nel sostenere che la Bce non può diventare il bancomat italiano, hanno fatto infuriare i grillini. Ripetere il mantra secondo il quale l'Italia non intende uscire dall'euro e dall'Europa però non funziona perché gli investitori continuano a tenere alto il prezzo temendo, forse, più che una volontaria uscita una progressiva emarginazione dell'Italia dal sistema europeo.
 
Malgrado il lavoro del ministro degli Esteri Moavero, sull'Italia sta calando una sorta di cordone sanitario. La notizia fatta filtrare a Bruxelles di una telefonata tra il presidente della Commissione Juncker e la Cancelliera Merkel va in questa direzione. E' infatti un modo per far diplomaticamente intendere che la Commissione ha il pieno sostegno della Germania, ora e nei passi successivi che dovrà compiere Juncker qualora l'Italia non aggiusti la manovra. Non serviva forse l'attacco della leader sovranista tedesca dell'Afd all'Italia per convincere la Merkel a schierarsi sulla linea dura, ma certamente pesa l'affondo del partito che Salvini considera alleato e che pensava di inserire nel cartello sovranista delle prossime europee.

Duro nei confronti di Draghi anche il ministro Paolo Savona che, forte forse del suo conto in Svizzera, ha cambiato idea e non pensa più che la manovra vada cambiata se lo spread va fuori controllo. L'isolamento pesa come il fatto che l'Italia venga ormai considerata «un caso» che preoccupa le cancellerie e gli investitori. La preoccupazione di Conte e di Tria sulla sostenibilità a lungo dello spread oltre trecento per il nostro sistema bancario, comincia però a farsi strada. Salvini ieri, di prima mattina si è detto prima «d'accordo» con il premier e Tria sul pericolo spread e poi ha spiegato che il governo è pronto ad intervenire in caso di crisi del sistema bancario. Una sortita che ha mandato di traverso il cappuccino a molti M5S. Un tema, quello dell'eventuale aiuto alle banche, che spacca la maggioranza prima ancora che si concretizzi. Dopo anni passati a contestare i salvataggi delle banche i grillini rischiano ora la legge del contrappasso. Senza contare che l'eventuale intervento rischia di erodere ancor più gli spazi della manovra già in parte mangiati dallo spread.

Visto che il 2,4% si è trasformato in una sorta di feticcio, Conte e Tria stanno cercando di lavorare sulla modulazione delle misure. Nel tentativo di tenere sotto controllo la situazione ed evitare l'isolamento, Tria ieri sera è volato a Parigi per incontrare il collega Le Maire.

Mentre Conte reduce dall'incontro al Cremlino con Vladimir Putin ha parlato al telefono con il presidente americano Donald Trump. «Conte lavora duro sull'economia e avrà successo», ha twittato l'inquilino della Casa Bianca al termine della conversazione. Ma se è difficile che i russi comprino il nostro debito pubblico, visto che per il loro debbono sborsare il 7%, è improbabile che arrivi a breve lo zio Sam a salvare un governo e una maggioranza che sta cercando in tutti i modi di non certificare che il contratto di governo è ormai carta straccia.

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