La prima volta di Conte (in taxi) tra profilo basso e stile Dc

La prima volta di Conte (in taxi) tra profilo basso e stile Dc
di Mario Ajello
Giovedì 24 Maggio 2018, 07:00
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Un ufo atterra sul Colle. E si sente subito a casa. «Questo è più democristiano di noi!», esclama un funzionario del Quirinale. Un po' ha ragione. A Giuseppe Conte, che fino a ieri nessuno conosceva e ora è balzato di colpo sul grande palcoscenico della nazione ma senza l'alterigia alla Mario Monti dell'«io vi salverò», nessuno dice: «A marzia', facce tarzan!», come nel Marziano a Roma di Flaiano. Perché il personaggio, al suo esordio pubblico, davanti a decine di telecamere fuori dallo studio di Mattarella ma anche dentro nel colloquio riservato con il presidente, si vede subito che è uno capace di stare nei palazzi. Felpato e scafato, come un politico volenteroso o almeno con un avvocato abituato a trattare o comunque come un professionista meridionale concavo e convesso (altro che tecnico! altro che Monti! semmai un pugliese di terra morotea), si mette subito a parlare la lingua mattarelliana.
 

Risultando gradito ai padroni di casa che commentano: «Non è un uomo che vuole far saltare il banco». E mette subito a segno quattro colpi in 4 minuti di discorso alla nazione l'Incaricato. Conferma la collocazione europea dell'Italia, e paga la cambiale a Mattarella. Promette «il governo di cambiamento», e paga la cambiale a Di Maio. Parla di «interesse degli italiani», e paga la cambiale a Salvini. Annuncia che sarà «l'avvocato difensore dei cittadini», paga la cambiale al popolo e «qui fuori c'è un Paese che vuole essere governato». Poi scende le scale da dove era salito, e nelle prime telefonate che riceve chiede agli interlocutori: «Come sono andato?».
 
Il primo esame l'ha superato brillantemente (anche se si è impappinato due volte per l'emozione, ben governata), non ha fatto la figura del re travicello, ma il cammino che ha davanti è ancora lungo. E sa che il mastino con cui combattere non sarà Di Maio e neppure Mattarella, ma Salvini. Da cui sembra diverso in tutto. Ma per ora, il discorso che ha tenuto l'ha preparato anche con lui oltre che con il capo M5S, è stato frutto di un incontro mattutino e se l'è portato sul Colle dentro una cartellina bianca. A chi ha parlato, egli ha detto che il suo sarà un «governo snello», perché odia l'elefantiasi politico-burocratica. Che non vuole fare tante leggi, «ma solo quelle che servono» perché tutto va semplificato. E qualche uomo di assoluta fiducia da piazzare - come il suo alter ego Fabrizio Di Marzio, giudice di Cassazione, condirettore insieme a lui della rivista Giustizia Civile - ce l'avrebbe, ma per ora almeno per i vertici ministeriali la quota Conte non è prevista.

Impressionano i movimenti dell'Incaricato. E' tutto studiato in lui. Anche la lentezza del passo. E la ricercata scansione delle parole. Mattarella sarà il suo angelo custode. Ma il tipo, come s'è capito, non sembra uno sprovveduto. Ha già cominciato a triangolare. Si sta preparando un discorso inclusivo per attirare quei voti mancanti in Senato (solo 6 di maggioranza) che gli possono rovinare il tragitto. E sa che Conte, nella sua praticità avvocatizia, che alla debolezza politica può supplire - così ha spiegato agli amici - con la forza di poter dire a un certo punto a Salvini e a Di Maio, se le cose non dovessero andare nel verso giusto: «Arrivederci e grazie». Lasciandoli in un mare di guai. La forza del ciaone è la carta che ha in mano. L'altra non è tanto il contratto di governo - «ho contribuito a scriverlo anche io» - quanto la convinzione che quello riguarda i due partiti contraenti e poi c'è tutto un altro ambito, istituzionale, costituzionale, delle emergenze che possono presentarsi, dei rapporti con i partner internazionali, dove potrà muoversi - o almeno spera di farlo - con una certa autonomia in tandem con il Quirinale. Da giurista sa che il diritto ha una sua forza anche in politica, e lui cercherà di farla valere. E sembra aver già stretto una sorta di contratto con Mattarella in due ore di colloquio.

Se non fosse scaltro, l'ufo non sarebbe atterrato dove è arrivato. E ci è arrivato in taxi. All'andata senza scorta, e ha pagato lui. Al ritorno, taxi più la prima auto di scorta e ha ripagato lui. E per strada - in effetti la somiglianza con l'allenatore della Lazio un po' c'è - alcuni passanti vedendolo con quel suo ciuffo di capelli hanno esclamato: «Anvedi, c'è Simone Inzaghi!». Ai suoi amici ha spiegato: «Non è mai esistito un premier impolitico, e io non sarò certo il primo della serie».

La sua fisionomia, ieri già in abiti da statista, in grigio con cravatta azzurra, dovrà essere quella dell'ircocervo.
Premier rassicurante, perché l'Europa ci guarda e lo spread non è mai benevolo, e ami du peuple. Riuscirà l'alchimia? «Bisogna partire bene, e dare subito segnali precisi», questa la strategia iniziale. E questo l'impegno: «Sarò il garante degli equilibri. La politica è mediazione e la mediazione è la mia passione». Il Fattore C, come Fortuna, è l'altro asset che finora lo ha favorito. L'altra sera, anche per la vicenda curriculum, era già quasi seppellita la sua candidatura, poi al mattino gli hanno detto: «Tocca a te!». E ora la sua immagine sembra quella della «Resurrezione di Cristo», il quadro di Mantegna appena scoperto a Bergamo. A riprova che il miracolo, nell'arte ma anche in politica, talvolta accade.
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