Le forche caudine ​degli alleati gialloverdi

di Bruno Vespa
Sabato 1 Giugno 2019, 08:00 - Ultimo agg. 08:32
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Sappiamo per certo che se Matteo Salvini avesse potuto, avrebbe tolto tre punti alla Lega per darli ai Cinque Stelle. Undici punti di distacco (31 a 20) sono un'enormità faticosamente gestibile. Ma diciassette (34 a 17) sono come la bomba di Hiroshima.

I rapporti tra i due partiti si sono capovolti aprendo un cratere enorme e creando uno spostamento d'aria al quale sarà difficile resistere. La storia insegna come i ribaltamenti di potere possano essere penosi.

Nel 327 avanti Cristo i romani sconfissero i sanniti e imposero sanzioni particolarmente pesanti, una roba tipo le dimissioni di Siri. I sanniti abbozzarono, ma la loro vendetta fu tremenda. Con un'abilissima operazione di intelligence, nel 321 tesero una trappola all'esercito romano bloccando ventimila uomini nelle gole di Caudio, tra Avellino e Benevento: per evitare l'annientamento, i romani disarmati dovettero umiliarsi fino a passare nudi sotto un giogo (le Forche caudine) prima di tornare a Roma dove i loro concittadini sospesero ogni attività pubblica e si chiusero in casa per non vederli.

I tempi sono cambiati e la delegazione ministeriale grillina ha potuto mantenere grisaglie e tailleur, ma non si capisce bene quanto sarà duro il prezzo della sconfitta. Qui ci viene in aiuto di nuovo la storia romana. Quando i Galli di Brenno saccheggiarono Roma, per restituire la città agli abitanti pretesero una quantità enorme d'oro. I romani protestarono sospettando che la bilancia fosse truccata: fu allora che Brenno gettò sul piatto la propria spada aumentando il prezzo del riscatto e gridando «Guai ai vinti!». I romani dovettero abbozzare, ma poi arrivò il loro condottiero Furio Camillo, gettò la sua spada sul piatto opposto a quello usato da Brenno e disse: «Non con l'oro, ma col ferro si riscatta la Patria». E fu battaglia.

Nei primi giorni dopo la vittoria, Salvini si è comportato con la magnanimità dei romani che, sconfitto l'esercito iberico, gli tributò l'onore delle armi. Ma col passar dei giorni, i sonni grillini sono agitati ora dall'incubo delle Forche caudine, ora dalla spada di Brenno. Ieri, per esempio, Di Maio ha detto che la lettera di risposta ai rilievi della Commissione europea sul debito italiano è stata scritta dalla Lega e dal ministro Tria, riducendo Reddito di cittadinanza , quota 100 e altre spese sociali per far quadrare i conti. Lui, dice, non ne sapeva niente. Può esser nato di soppiatto un altro governo? No, perché è vero che la Lega conosceva i contenuti della lettera, ma sapeva che la bozza sarebbe stata discussa anche con i 5 Stelle ed è impensabile che il presidente del Consiglio non ne fosse informato. Invece la bozza è diventata pubblica e Di Maio ha chiesto un vertice di maggioranza temendo Forche caudine e spada di Brenno. Il problema è che Di Maio e Salvini non si parlano e il capo dei 5 Stelle non si fida del ministro dell'Economia.

Quali tagli sono necessari per finanziare la Flat tax alla quale la Lega non rinuncia? Che ne sarà dell'autonomia che Salvini vuole entro giugno? E del Tav sul cui blocco nessuno scommette più un centesimo? E dei ministri che Salvini accusa di inefficienza? Quanto durerà la fragile Pax Romana post elettorale? I grillini si sentono come i romani nelle gole di Caudio: o il massacro della crisi o l'umiliazione delle Forche.
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