«Pd, serve un piano a favore dei giovani del Sud»

«Pd, serve un piano a favore dei giovani del Sud»
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 4 Febbraio 2019, 14:30
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«Non ho lasciato la politica: in questi 4 anni il mio impegno è stato rivolto ai giovani, tra le università e nella scuola di politica che ho fondato», premette Enrico Letta, ex premier e tra i fondatori del Pd che ora guarda il suo partito con angolazione diversa: «Non mi sento di dare giudizio sui contendenti al congresso ma credo che in un piano di rilancio del partito debba esserci un progetto sul Sud».

Da 4 anni riserva le sue energie alla formazione dei ragazzi.
«Questi 4 anni mi hanno rigenerato: lavorare con i ventenni mi ha dato una nuova speranza per l'Italia perché trovo che abbiano una marcia in più. È energia positiva che mi ha spinto a scrivere il libro che è anche una sfida impegnativa anche su Instagram, più visto dai ragazzi, con mini video di 50 secondi: dobbiamo togliere il predominio dei social a Grillo e Salvini».

Nel suo libro accomuna Renzi, Salvini e Grillo.
«Sono diversi tra loro però in quel capitolo spiego perché la politica non può essere solo distruzione dell'avversario. Il libro, controcorrente e non certo alla moda, nasce anche per vedere se in Italia esiste disponibilità a una politica che possa rispettare l'avversario. In questo senso la mia accusa va a quei tre modelli politici, a quelle tre parole rottamazione, ruspa e vaffa che io non accetterò mai. Oggi in Italia esiste solo la politica contro ma io voglio capire se su questi temi navigo in solitario o ci sono altri con me».

Il Pd prova a ripartire con il congresso. Lei quale quadro vede?
«Il partito deve lavorare sul Mezzogiorno e non si può considerare come un semplice episodio quello che è accaduto il 4 marzo. Nel Sud, i grillini hanno raggiunto un risultato paragonabile solo a quanto riusciva a fare la Dc negli anni 50: un dato su cui riflettere ma mi sembra non si sia fatto abbastanza. Anzi, al contrario, si è dato un giudizio sprezzante e derisorio su questo voto sintetizzandolo sul fatto che i 5 Stelle avevano promesso il reddito di cittadinanza ed il Sud assistenziale è corso dietro questa promessa. Ma le ragioni sono profonde e diverse».

Quali?
«C'è stata una difficoltà della classe dirigente del Pd a capire certi problemi. La stragrande maggioranza dei ragazzi con cui ho lavorato all'estero sono del Sud: mediamente più bravi dei loro coetanei ma la maggior parte di loro non ha alcuna voglia di tornare stante così le cose. E il grande problema da porsi è come evitare questo esodo di massa, di straordinarie risorse che stanno andando via».

Il Pd cosa dovrebbe fare?
«Uno dei grandi obiettivi Pd è elaborare un progetto dedicato ai giovani: invogliarli a tornare per il rilancio del Mezzogiorno. E se dovessi dire una cosa al centrosinistra, al Pd è proprio quella di non fare analisi scontate sul perché i 5 Stelle hanno vinto ma bisogna battersi per riannodare il filo con il Sud. Un filo che si è spezzato anche e sopratutto perché questo è un governo a guida Salvini. E in questo la Lega non è cambiata: sull'antimeridionalismo è la stessa di Bossi che, quando era al governo, tagliava gli investimenti al Mezzogiorno. Non a caso ora si sta parlando molto di autonomia delle grandi regioni del Nord ma messaggi moderni e convincenti sul Sud non ve ne sono. Questo è un governo a trazione nordista. Per questo in futuro la questione meridionale va ripresa e rilanciata. In modo nuovo, ovviamente».

Ma il Pd è all'altezza?
«Lo vedremo in questo mese che c'è davanti: le primarie e il congresso sono una grande occasione per parlare al Paese».

Lei non si è schierato per nessuno degli aspiranti segretari.
«Seguo, mi sto facendo un'idea ma sono tutte persone valide, non mi sento di dare giudizi. Ma spero che tutti colgano questa occasione: nel congresso del Pd l'elaborazione di un piano di rilancio per il Sud deve essere fondamentale».

Beh, sull'autonomia non puntano solo Lombardia e Veneto ma anche la democrat Emilia-Romagna.
«Oggettivamente c'è uno squilibrio verso Nord e gestire così l'autonomia è penalizzante. Su questo c'è bisogno non solo di dire no ma di alzare la testa e far capire che il Sud assistenziale non è il racconto del vero Mezzogiorno. Ma serve un'analisi degli errori perché c'è un dato storico imprescindibile: alle scorse elezioni il Sud ha detto no al Pd».

Lei è favorevole a un reddito di cittadinanza a differenza dei suoi colleghi.
«Io sono in totale disaccordo con chi nel centrosinistra deride il provvedimento a prescindere. Servono critiche nel merito dello strumento ma serve elaborare altre idee a favore della lotta alle povertà. Nel mio breve governo, con il ministro Giovannini, si elaborarono una serie di provvedimenti sull'inclusione perché credo che il nostro welfare è incapace di intervenire su situazioni di povertà diffusa e la nostra società sta creando molte sacche di vulnerabilità».

È iscritto al Pd?
«No».

Ma il suo libro è un ritorno in campo?
«Io non ho mai lasciato la politica: formare 100 ragazzi l'anno è fare politica...».
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